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    ITALIA

    La mostra del cinema di Venezia e il conformismo del pensiero unico

    L’immagine della mostra del cinema di Venezia è girata per giorni e giorni, una maglietta e un ventaglietto tirati fuori dal cassetto che inneggiano alla Palestina libera e a fermare il presunto genocidio in atto. Immagini che riflettono quelle viste già viste a Cannes, ma si sa che la nostra Italietta non è nota per essere innovativa. La foto sul red carpet ha forse ottenuto lo scopo di far parlare di un film nostrano e di attori che magari sarebbero stati ignorati dai più, dato la presenza sul tappeto rosso di star internazionali. Ma non siamo esperti di cinema, né vogliamo esserlo tantomeno non avendo visto il film in questione che sarà anche bellissimo.

    Il fastidio per l’immagine è dovuto a ciò che potremmo definire il conformismo del pensiero unico, della cultura woke, della standardizzazione delle posizioni politiche di pseudointellettuali che magari leggono un libro all’anno, ma “sai com’è”, meglio sempre adeguarsi alla presunta maggioranza. Così, Israele viene descritto come il male assoluto, lo stato che uccide bambini innocenti, guidato dal sanguinario Bibi Netanyahu che attua un “genocidio”, termine ormai abusato ed entrato nell’uso corrente senza conoscerne l’etimologia. Ma ormai siamo tutti tuttologi, attori o attrici intrappolati da anni nella stessa maschera cinematografica, o che interpretano una pellicola che parla di guerre mondiali senza magari sapere che quei confitti hanno fatto milioni morti. A parte “fare la memoria”, come ogni attore deve, vorremmo anche che si studiassero altro che le parti da recitare.

    Nessuno ricorda o vuole ricordare che Gaza è stata restituita ai palestinesi nel 2005, che Hamas ha iniziato una guerra, che ci sono ostaggi ancora nelle sue mani. E, a proposito di genocidio, ricordiamo che Israele sta consentendo le vaccinazioni antipolio dei bambini palestinesi anche se ciò contrasta con l’idea corrente della volontà di sterminare un popolo. Un vaccino, tra l’altro, reso fruibile per bocca da un medico ebreo Albert Bruce Sabin, scampato alla Shoah, che volle donarlo a tutti i bambini del mondo e si rifiutò di brevettarlo. Ma che i bambini a Gaza possano essere contagiati dalla polio è per il pensiero unico “sempre colpa di Israele”, non di Hamas che affama la popolazione civile di cui blocca gli aiuti, non di una guerra assurda dove muoiono bambini, uomini, donne e anche soldati israeliani (che ovviamente nessuno ricorda mai).

    Ora non iniziare con l’antisemitismo mascherato da antisionismo, mi potrebbe dire qualcuno. Purtroppo, constatato a una cena quanto questo sia una realtà evidente. Cena a base di ravioli di spigola e orata al forno, invitati da un’amica deliziosa che aveva fatto di tutto per rispettare le regole kasher. Non purtroppo i suoi ospiti. Stavamo discutendo di Gaza e del conflitto quando una signora, professoressa di scienze, mi ha “candidamente” posto alcune domande “retoriche”: “Del resto, se questi ebrei sono stati rinchiusi in un Ghetto per 300 anni ci sarà stato un motivo o no? E poi diciamolo poi stanno sempre tra loro, si sposano tra loro, non si mischiano…”. Mi scuso ancora con l’amica che ci ha invitato a cena se mio marito non è stato troppo diplomatico con la signora, professoressa di scienze.

    Ma il fastidio non è recente. Non ricordo in questi mesi di aver mai visto un’immagine di protesta per il mezzo milione di morti in Siria, per le donne afghane alle quali è vietato di parlare in pubblico, per quelle iraniane che vengono picchiate e sbattute in prigione se non portano il velo, per i gay nei paesi arabi che a Gaza venivano buttati giù dai palazzi da Hamas, per le donne israeliane uccise, violentate e messe incinta in prigionia, di cui viene addirittura messa in dubbio la veridicità, e per gli ostaggi nei tunnel. Perché nessuno ne parlava più.

    Il dolore è arrivato quando gli aguzzini di Sinwar, il “cuor di leone” che chiede a Israele la sua personale immunità dopo aver programmato e perpetrato il massacro del 7 ottobre, hanno ucciso a sangue freddo sei ragazzi che avevano partecipato al Nova Festival dopo quasi un anno di prigionia. L’esercito israeliano si stava avvicinando e non hanno avuto pietà. L’autopsia rivela che sono stati uccisi con colpi di arma da fuoco alla testa a bruciapelo, vuol dire puntare alla tempia un’arma e sparare, nelle ultime 48 ore prima della possibile liberazione. Ragazzi assassinati nei tunnel di Rafah, il valico davanti al quale nel marzo scorso alcuni nostri parlamentari di centrosinistra avevano manifestato per il cessate il fuoco, una manifestazione che adesso sembra veramente “ridicola”.

    Vorrei essere stupita dal mio paese, vorrei che quegli attori e quei parlamentari oggi chiedessero scusa per aver visto la guerra soltanto da un punto di vista e mai dall’altro. Nessuno si diverte a farla, né tantomeno a subirla, siamo vicini alla popolazione civile, e tutti speriamo che finisca presto a Gaza, in Israele e in Ucraina. Ma è insopportabile il rovesciamento della realtà, l’accusa costante a uno stato che non sta facendo altro che difendersi e difendere il proprio diritto a esistere dai terroristi in Cisgiordania, fatalità sono stati uccisi capi di Hamas e della Jihad, e a Gaza. Tocca agli israeliani manifestare contro il premier e votare alle prossime elezioni come a noi tocca manifestare contro il governo e votare. Questa è la democrazia.

    Con una differenza sostanziale quando si parla di Israele. Dai nostri comodi divani “pacifisti” nessuno di noi sa cosa significhi svegliarsi ogni mattina con i missili che volano sulla testa, gli allarmi, il terrore, mentre si va a lavorare sognando di avviare una start up. Missili che Gaza non dovrebbe avere, ma che “miracolosamente” passano nei tunnel di Rafah alti anche tre metri, quegli stessi dove sono stati uccisi i sei ragazzi del Nova Festival. Perché questa è Hamas e non ce lo dobbiamo mai dimenticare. Hamas è contro la musica, contro l’arte, contro il cinema. Se potesse ucciderebbe musicisti, registi, attori. Sì, anche quelli che portano le spillette, i ventaglietti e le magliette per la sedicente causa palestinese. A Gaza, probabilmente, sarebbero già stati eliminati da un pezzo. Peccato che tutto questo venga sempre dimenticato, ma la nostra Italietta ha sempre avuto la memoria corta, all’indomani del 1945 nessuno era stato fascista. E nessuno si ricorda mai che questa maledetta guerra è iniziata perché il 7 ottobre sono state uccise 1200 persone, bambini, uomini, donne, ragazzi che volevano vivere in pace, come noi abbiamo la fortuna di fare da 79 anni.

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