Fra le tante cose che sono cambiate vi è anche la guerra, che non inizia più con dichiarazioni, invasioni o sbarchi di truppe ma con sabotaggi, blocchi economici, terrorismo, azioni di gruppi paramilitari, attacchi informatici, posizionamento di armi e loro distruzione. E’ quel che accade da tempo fra l’Iran, che ha un programma imperialista di controllo dell’intero Medio Oriente, e una serie di paesi che cercano di contenerlo: Stati Uniti, Israele, ma anche Arabia, Giordania ed emirati del Golfo Persico. In generale la Russia è alleata all’Iran, sia pure con molte ambiguità rispetto a Israele. L’Iran appoggia, finanzia e arma Hezbollah in Libano, Houthi in Yemen, Hamas e Jihad Islamico a Gaza e in Giudea e Samaria, milizie sciite in Iraq, la fazione di Assad in Siria. In tutti questi paesi è ormai egemone e cerca di stabilire basi logistiche e truppe. Israele si difende in Siria e Libano e Gaza, distruggendo le infrastrutture belliche dell’Iran e dei suoi mercenari; l’Arabia combatte in Yemen ed è attaccata sul suo territorio con armi iraniane. La marina americana presidia il Golfo e ha avuto qualche scontro con le milizie iraniane, perdendo un drone informativo e reagendo con un attacco informatico. L’Iran minaccia di procedere verso il suo armamento nucleare, cui manca molto poco; ma sa bene che questo sarebbe ragione di una guerra aperta. Il fronte principale è oggi quello economico e in particolare del petrolio, col blocco di diverse petroliere e le sanzioni americane. Su questo fronte il principale alleato dell’Iran è purtroppo l’Europa, che cerca di rompere il boicottaggio americano, anche se può farlo solo in piccola parte. E’ una politica suicida, che rischia di portare a una guerra aperta. Ma a Bruxelles l’opposizione a Trump, il filoislamismo e l’attaccamento alle vecchie idee di appeasement di Obama sono principi ideologici. E l’ideologia, si sa, non si lascia turbare neppure dai più evidenti fatti geopolitici.
Ugo Volli