«Piero ha rappresentato nel panorama sempre più esile dei reduci una personalità particolare. Ognuno di loro ha raccontato la propria esperienza: sono stati tranciati milioni di mondi in quelle baracche, ogni persona è un mondo, e la diversità dei reduci lo testimonia. Ma lui ci metteva un’enfasi e una passione particolari, con semplicità, cordialità e anche un sorriso aperto con i ragazzi che incontrava».
È uno dei passaggi di una intervista che il rabbino capo di Roma, rav Riccardo Di Segni, ha rilasciato al quotidiano La Repubblica e nella quale ricorda Piero Terracina, morto ieri e i cui funerali si terranno oggi.
Il rabbino Di Segni ricorda l’instancabile impegno di Terracina nel trasmettere alle nuove generazioni la memoria della Shoah, “ma ci sono voluti decenni perché iniziasse il flusso dei ricordi”.
“Nei suoi incontri con le scuole, davvero tanti, – ricorda il rabbino Di Segni – metteva passione. Oggi spiegare l’Olocausto è più difficile, eppure ce n’è sempre bisogno. Bisogna continuare a lottare contro il razzismo e l’antisemitismo. Rispetto ai problemi di intolleranza che ci sono, l’antisemitismo non è forse il principale, ma episodi di razzismo se ne contano, eccome». «La questione dell’intolleranza – conclude – è un problema a 360 gradi che va combattuto sostanzialmente e non formalmente. C’è un brutto clima in generale nel Paese».