(askanews) – Quest’anno più che mai, in un tempo segnato da sofferenza e pandemia, la Giornata della Memoria diventa simbolo per arginare i sentimenti di odio e violenza. La Memoria come “vaccino” contro il razzismo e l’antisemitismo. Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica romana, in questa intervista ad askanews, invita a rinnovare la memoria per sconfiggere razzismo e antisemitismo. “E’, questo, un anno particolare e diverso, in cui il dovere e il sentimento di rinnovare la memoria diventa un impegno ancora maggiore e forte. Soprattutto – spiega la presidente della Comunità ebraica di Roma – perché dobbiamo mettere a sistema questa esperienza maturata in quest’anno di difficoltà, dell’uso delle nuove tecnologie, nelle maniere più efficaci possibili. Nell’impossibilità di lavorare in presenza, di entrare nelle classi, di confrontarci con gli studenti, stiamo facendo uno sforzo per continuare a proporre un messaggio fondamentale: la memoria della Shoah è un monito imprescindibile, indissolubile e quanto mai attuale nel presente e di fronte al quale non ci possiamo sottrarre. Un rinnovato impegno in una capacità di rigenerarsi nel tempo – prosegue Dureghello – e nella circostanza con la consapevolezza che quel “mai più” di cui spesso i testimoni parlano e al quale dobbiamo una doverosa attenzione può anche passare per l’uso di strumenti che in genere vengono invece utilizzati per divulgare e diffondere l’odio”. I social in particolare sono oggi esempio di una divulgazione di sentimenti antisemiti che riemerge e riaffora con particolare evidenza. “Rivoltiamo di nuovo il ragionamento – risponde – e ribaltiamo agli uditori la memoria di un passato non troppo lontano ma unicamente e tragicamente drammatico da ricordare”. Non saranno iniziative in presenza a causa del Covid, ma tantissime sono le attività che correranno sul Web per ricordare la Shoah. “Stiamo compilando un programma densissimo di attività e iniziative in cui tutti i dipartimenti comunitari si stanno spendendo a 360 gradi. Sono attività – dice Dureghello – che ricordano le fasi successive alla deportazione, dopo il 16 ottobre, il podcast del museo ebraico di Roma in cui si racconta – per voce dell’allora presidente Ugo Foa i giorni precedenti la deportazione. Ed ancora: presentazioni di libri, interventi nelle accademie e nelle classi. Insomma, una presenza costruttiva e dialogica, interattiva e interrelazionale con il mondo che ci circonda e che concretamente è un grandissimo lavoro, ma fatto con un sacrificio doveroso”. Quale il messaggio della Comunità ebraica romana contro i rigurgiti razzisti e antisemiti, specialmente dopo l’episodio di Arezzo dove alcuni hacker nazifascisti hanno interrotto una trasmissione Web sulla Giornata della Memoria con frasi offensive e violente? “La condanna è evidente – risponde Dureghello – non solo da parte nostra ma anche da parte della società civile. Gli strumenti normativi esistono e debbono essere applicati, e l’episodio di Savona ne è una palese dimostrazione. Purtroppo la rete è uno strumento che si presta molto ad accalappiare i giovani e ad operare al posto di quella propaganda di cui tutti abbiamo sentito parlare di 80 anni fa e diventare lo stesso strumento per mettere a disposizione delle masse dei canali per prevaricare sull’altro o per trovare dei capi espiatori, o per individuare delle responsabilità semplificando l’analisi della realtà e di tutto quello che dovrebbe essere un normale spirito critico, per far confluire un messaggio di violenza. I giovani non hanno quell’esperienza o quella formazione che in un adulto si auspica dovrebbe essere consolidata. Da qui l’importanza del ruolo della scuola ma anche di ribaltare lo strumento, fare in modo che attraverso quello stesso strumento si possa arginare e raccontare e testimonianre e produrre il materiale che evidenzi le responsabilità. Ovviamente c’è bisogno anche dell’intevento delle autorità preposta, della magistratura. Perché gli strumenti esistono e c’è tanta attenzione nel nostro paese anche da parte delle forze dell’ordine”. Ora il testimone della memoria passa dai giovani, dai discendenti: “Sì, perché il rischio – sottolinea la presidente – è che quelle pagine vengano relegate soltanto ai libri di storia, quando il senso di una narrazione e dell’istituzione della giornata memoria è di un momento di focalizzazione della società sulla tragedia della Shoah è ben diverso”. “Penso che la raccolta del testimone da parte de giovani – conclude Dureghello – debba essere operata con questo sentimento e con questa partecipazione: un impegno e un monito morale di ciascuno a farsi carico della storia di un testimone o di un deportato o di una persona che non c’è più alla quale senza motivo è stata tolta la vita. Quando avremo assunto questa consapevolezza il processo sarà radicato nelle nostre coscienze e quel “vaccino” contro il riproporsi di modelli o di esperienze come la tragedia e l’unicità della Shoah potrà in qualche modo arginarsi”. Di Serena Sartini