“Un imam di origini marocchine, M.G., residente a Padova e legato al luogo di culto Al Hikma, è stato espulso con decreto del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese per motivi di sicurezza dello Stato”. E’ quanto riferisce una nota del Viminale. L’uomo, 41enne, era “indagato per aver espresso apprezzamenti in favore del califfato di Al Baghdadi e sostegno ai jihadisti che combattevano in Siria. In questo contesto, è stato anche documentato come il cittadino marocchino avesse condiviso sul suo profilo Facebook diversi video di propaganda jihadista”. Tra l’altro, “nel 2018 sua moglie, anche lei di origini marocchine, lo ha denunciato per maltrattamenti e lesioni per le percosse subite ogni qualvolta si rifiutava di indossare il niqab”. L’imam è stato rimpatriato dalla frontiera aerea di Bologna per Casablanca. Si tratta del primo allontanamento nel 2020 di un soggetto ritenuto pericoloso per la sicurezza dello Stato. Salgono a 462 gli allontanamenti dal 2015 ad oggi, di cui 98 nel 2019 e 126 nel 2018, come riferisce il Viminale.
L’imam padovano, nato in Marocco a Rabat nel 1978, di professione meccanico, era regolare sul territorio nazionale e residente in zona Stanga, come riferisce la questura di Padova. L’uomo era entrato in Italia nell’ottobre del 2006 ottenendo il permesso di soggiorno dall’ufficio immigrazione della questura di Padova nel 2009 e attualmente era in possesso di un permesso di soggiorno di lungo periodo, titolo revocato a seguito dell’espulsione. “La costante attività di monitoraggio effettuata dalla Digosd di Padova su condotte rivelatrici di adesioni all’ideologia jihadista – informa una nota della questura di Padova – ha consentito agli investigatori di porre l’attenzione sul 41enne marocchino, noto anche all’Agenzia di Sicurezza Interna, portando così alla luce elementi chiaramente sintomatici di una visione violenta dell’Islam da parte dell’uomo antioccidentale e antisemita, nonché di una visione di sottomissione delle donne”.
Il comunicato mette in risalto anche la sua “spiccata capacità di influenzare le ideologie delle persone con le quali nel tempo è entrato in contatto”, con delle vere e proprie azioni di “brainwashing” ossia di ‘lavaggio del cervello’. Dall’attività d’indagine è emerso che “l’imam aveva avuto un ruolo di primo piano nel processo di radicalizzazione di una donna italiana, indottrinata con modalità e contenuti dell’islam radicale come l’applicazione della sharia. Nel corso del tempo ha svolto un’incisiva azione di indottrinamento anche nei confronti della moglie marocchina 35enne che nel giugno del 2018 aveva denunciato il marito per maltrattamenti”. Le indagini hanno evidenziato “la pericolosità del cittadino marocchino anche in relazione al rischio che lo stesso potesse, attraverso la veicolazione di dettami estremisti, condizionare su posizioni antisemite e antioccidentali la rete di persone con le quali era in contatto”, riferisce ancora la nota della questura di Padova.
“Numerosi i messaggi di propaganda antisemita veicolati dall’uomo nel web, nei quali esaltava la politica di Adolf Hitler contro la popolazione ebraicanonché messaggi che con toni apocalittici condannano le festività del Natale e del Capodanno, riportavano dettami di teologi salafiti secondo cui chi avesse accettato o scambiato gli auguri avrebbe dovuto affrontare le ire di Allah, messaggi volti dunque a stabilire la superiorità della religione islamica su quella cristiana”. Inoltre, “particolarmente allarmante anche la pubblicazione di un documento in cui viene esaltata la pratica dello jihad e le moschee che si trasformano da luoghi di preghiera a luoghi di esplosione” (Bon/AdnKronos)