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    Dopo 80 anni le scuse di Casa Savoia per le Leggi razziali. Il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche: non spetta a noi concedere il perdono

    “I crimini di Vittorio Emanuele III e del fascismo hanno rappresentato un abominio, un tragico vulnus nella storia d’Italia e resteranno un monito per le generazioni. La Costituzione repubblicana ce lo ricorda chiaramente: la sua stessa esistenza è la più eloquente sentenza cassatrice di quel periodo, del regime e dei suoi protagonisti. Oggi, dopo 82 anni il discendente, il bisnipote Emanuele Filiberto, afferma un sentimento di ripudio e condanna rispetto a quanto avvenuto. Un lasso di tempo molto lungo. Perché ora? Si tratta in ogni caso di un’iniziativa che è da ritenersi ad esclusivo titolo personale, rispondendo ciascuno per i propri atti e con la propria coscienza. Né l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane né qualsiasi Comunità ebraica possono in ogni caso concedere il perdono in nome e per conto di tutti gli ebrei che furono discriminati, denunciati, deportati e sterminati. Nell’ebraismo perfino a Dio non si può rivolgere una richiesta di perdono se chi percepisce l’onta e la colpa non si è prima scusato dinanzi alla persona offesa. La condanna morale del regime e dei suoi atti – che Emanuele Filiberto esprime oggi verbalmente per la prima volta – è stata per migliaia di ebrei, partigiani combattenti e convinti antifascisti, una bandiera e una guida per la lotta alla sopravvivenza, per la quale molti di loro hanno sacrificato la vita per la Patria. È in ricordo di tutti loro, dei sei milioni di ebrei sterminati nei campi di concentramento, degli internati militari italiani, dei perseguitati politici, rom e sinti, disabili e omosessuali che ogni forma di nostalgia di quel regime deve essere severamente affrontata ed arginata. È verso i giovani del nostro Paese, dell’Europa che ci riunisce intorno ai valori fondamentali dell’uomo, che la condanna – non la richiesta di perdono per riabilitare il casato – va rivolta, affinché dicano il più convinto “mai più”. Prendiamo atto delle parole di costernazione e ravvedimento espresse mediaticamente nelle scorse ore, in vista del 27 gennaio e vedremo, nei prossimi mesi, anni, quali azioni concrete, quotidiane possano a queste seguire con coerenza ed essere di esempio ad altri”.

    Lo dichiara Noemi Di Segni, Presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

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