Fatichiamo non poco a scorgere serietà e costrutto nell’attuale campagna elettorale. E francamente ci appare del tutto inutile il divisionismo ideologico che scatta ad ogni chiamata al voto, quando i vari partiti si sentono in dovere di ricordarci da che parte stiano da sempre, rivangando il terreno ormai minato della Destra e della Sinistra, posizioni interpretate ancora una volta in modo dogmatico e anacronistico quando invece la politica quotidiana ci insegna, vedi gestione dell’emergenza-Covid e necessità di rilancio economico della nazione, che gli elementi che contano e che davvero incidono nelle nostre esistenze sono le scelte concrete finalmente libere da steccati mentali e orpelli idealistici. Su queste colonne Ruben Della Rocca, giustamente, nel suo richiamo ai valori etici della contesa elettorale, ricorda che ci sono fari dai quali non ci si può allontanare troppo per non finire nel buio delle contrapposizioni insensate, quelle che anche in queste ore alimentano le sterili liti da pessimo talk show televisivo. Un faro che non può essere mai spento è quello della Memoria, ed è un appunto assolutamente condivisibile da tenere nel giusto conto quando ci si approssima alle urne. La storia infatti, nel suo continuo fluire, trascina sulle acque del proprio eterno fiume ciò che è stato, le tragedie di ieri, dalle guerre al colonialismo, dal razzismo addirittura codificato in leggi vergognose al terrorismo, e spesso non bastano colpi di spugna più o meno interessati a modificare giudizi in molti casi impressi a fuoco sulla pelle delle vittime. Pur tuttavia, allo scopo di gestire nel modo migliore il nostro diritto-dovere di votare, abbiamo necessità di scorgere nell’hic et nunc della contingenza un terreno di concretezza capace di guidare le nostre scelte, avvicinandoci a uno schieramento piuttosto che a un altro o allontanandoci da tendenze e opinioni non conformi al nostro sentire.
Ai partiti chiediamo dunque di sostenere nel proprio operato e con le proprie dichiarazioni piuttosto l’etica delle idee. Facciano come se debbano rivolgersi a un elettorato composto da soli diciottenni che si avvicinano al voto per la prima volta. Siano concisi, essenziali, diretti. Sappiano spiegarci come intendono garantire la piena occupazione ai giovani, magari rimuovendo l’ombra degli stage-falsi posti di lavoro a 600 euro mensili e senza tutele, unendo finalmente l’istruzione accademica al mondo dell’occupazione come accade ormai di norma nei più grandi paesi europei. Nel puntare finalmente sui giovani non perdano di vista, però, gli anziani, altra faccia della stessa medaglia. Siano, i partiti, davvero coraggiosi e svelino le carte prima del fatidico 25 settembre: chiediamo loro di illustrarci nei meandri le varie ipotesi di riforma delle pensioni, con i sacrifici in capo alle singole categorie e i benefici per chi ne potrà fruire. Ci dicano chiaramente, e lo facciano ora, da che parte stanno, chi intendono premiare, quali interessi ritengono preminenti, come voler mordere una mela che al momento non appare sufficiente per sfamare tutti.
C’è poi un fantasma che si aggira per l’Europa e che da noi è un vero e proprio tabù del tutto fuori dall’attuale dibattito politico-elettorale: non una parola, infatti, sull’inflazione galoppante che consuma i risparmi di ogni ceto sociale, a cominciare dai meno abbienti e dalle classi medie. Come ridurre l’ingiusto peso delle accise sul prezzo del carburante? Come calmierare il prezzo dei generi alimentari? Come affrontare un autunno che per le nostre tasche sembra avere le premesse del dramma? Su questi argomenti attendiamo risposte, al cospetto di simili quesiti chiediamo lealtà, e quindi eticità, ai nostri politici, invitandoli a non scantonare per le facili scorciatoie dell’ideologia sbandierata in ogni occasione.
Le idee etiche sono soltanto quelle chiare, divulgate in modo da raggiungere tutti e capaci di orientare al voto perfino un pubblico apparentemente disinteressato o restio. Intorno a temi che toccano la gente comune chiediamo confronti e interlocuzioni, mentre invece gli schieramenti, denunciando carenza di idee o volontà di non dire per non turbare, continuano a dare voce al millenarismo delle separazioni filosofiche, oppure a scontri verbali solo per un annoiato pubblico televisivo che poi finge di ignorare il fatto che ogni diatriba tra ben stipendiati politici finisce inevitabilmente, nell’Italia del ‘vogliamoci bene’, a tarallucci e vino.