Mercoledì 16 gennaio 2019,
alle ore 17.00, presso il Centro Studi Americani (Via Michelangelo Caetani, 32,
Roma) si terrà una tavola rotonda su Usi e abusi della
Shoà, con Rav Roberto Della Rocca, Prof. David Meghnagi (RomaTre), Prof. Franco
Pavoncello (John Cabot), On.le Maria Elena Boschi ed il Prof.
Ernesto Galli della Loggia, moderata dal sottoscritto.
Fra le domande che porrei,
alcune potrebbero essere ispirate da un paio di volumi:
1.- Tzvetan
Todorov, Gli abusi della memoria, Meltemi, 2018
Per Todorov, la memoria sarebbe minacciata non tanto
dalla cancellazione delle informazioni, quanto dalla loro sovrabbondanza; gli
Stati democratici condurrebbero la loro popolazione verso la stessa meta dei
regimi totalitari, cioè al regno della barbarie. L’autore cita “Funes il
memorioso” un racconto del 1942 di Jorge Luis Borges: “Allora vidi il volto di quella voce che aveva parlato tutta la notte.
Ireneo aveva diciannove anni; era nato nel 1868; mi parve monumentale come il
bronzo, più antico dell’Egitto, anteriore alle profezie e alle piramidi. Pensai
che ciascuna delle mie parole (ciascuno dei miei gesti) sarebbe durato nella
sua implacabile memoria; mi gelò il timore di moltiplicare inutili gesti”. Nel
racconto, Funes rammentava tutto ma era incapace di fare una cernita dei
ricordi: ”Aveva imparato senza fatica l’inglese, il francese, il portoghese, il
latino. Sospetto, tuttavia, che non fosse molto capace di pensare. Nel mondo
brulicante di Funes non c’erano che dettagli, quasi immediati”.
computer non ha memoria perché non seleziona. La riscoperta del passato
differirebe dall’utilizzazione: si fanno emergere nomi, date, circostanze, ma
come poi si utilizzeranno i dati è un evento successivo e diverso; la memoria è
detronizzata non a favore dell’oblio, ma di certi principi universali e dalla
“volontà generale”. Si può dire lo stesso per l’ambito giuridico nel suo
insieme. Per l’autore, la cultura sarebbe essenzialmente una questione di
memoria: è la conoscenza di un certo numero di codici di comportamento e della
capacità di servirsene. Tuttavia, la riscoperta del passato è indispensabile;
ciò non vuol dire che il passato debba regolare il presente, è quest’ultimo, al
contrario, che fa del passato l’uso che vuole. Nel mondo moderno, il culto
della memoria non sempre è al servizio delle cause buone e non bisogna
meravigliarsene. Todorov sostiene che l’incomparabilità della Shoah è, a sua
volta, speculare all’incomparabilità di ogni altro evento.
Contrariamente a Todorov, nella Shoà io ravviso un
parricidio, ma lui prosegue imperterrito, asserendo, non senza ragione, che
dare lezioni di morale non è mai stata una prova di virtù e che un’altra
ragione per preoccuparsi del passato è che ciò consente di non affrontare il
presente, procurandoci nello stesso tempo i benefici della buona coscienza. Che
qualcuno ci ricordi oggi con minuzia le sofferenze passate serve a renderci
forse più vigili verso Hitler e Pétain, ma ci fa anche ignorare le minacce
presenti – perché esse non hanno gli stessi protagonisti
né assumono le stesse forme: se nessuno vuole essere una vittima, tutti
vogliono esserlo stati.
2.- Elena Loewenthal Contro il Giorno della Memoria-Una riflessione sul
rito del ricordo, la retorica della commemorazione, la condivisione del
passato, Add editore 2014
Auschwitz. Sostenere che Israele sia nata grazie alla Shoà comporta
l’accettazione della tesi per cui gli ebrei hanno tratto vantaggi dallo
sterminio, sfruttando la Shoà. Ci si rinfaccia l’uso e l’abuso del senso di
colpa, sulla base di una vaga consapevolezza di ciò che, in fondo, l’Europa non
abbia fatto i conti con quella memoria.
fanno se c’è l’evento, tutto ruota attorno all’evento, anche per questo il GDM
è diventato un evento: se non ci fosse il GDM non ci sarebbero molti libri,
conferenze e migliaia di studenti non sarebbero andati in gita ad Auschwitz,
non si sarebbero allestite mostre, non si sarebbero tenuti dei concerti. La
netta impressione è che in Italia, più che altrove il GDM, prosegue l’autrice,
sia diventato l’occasione per un’imprevedibile messe di cerimonie e
manifestazioni, sentite come un dovere. Anziché rendere omaggio agli ebrei, il GDM dovrebbe
servire a ricordare chi ha messo in opera persecuzione e sterminio, come storia
degli ebrei anziché dei non ebrei. Si asserisce, secondo Loewenhal, cheIsraele non avrebbe imparato dalla storia facendo ai
palestinesi ciò che i nazisti hanno fatto agli ebrei,si sostiene che gli ebrei
abuserebbero della Shoà. Finché si considererà il GDM come una memoria altrui,
conclude Loewenhal, vi sarà conflitto fra memorie.
ricordo della Shoà riguarda chi l’ha perpetrata e l’umanità ed i discendenti
dell’umanità che l’ha ospitata, non le vittime, che non hanno bisogno di aiuto
per ricordare. La Shoà, nel pensiero dell’autrice, che non manca certo di
originalità, non può essere un problema delle vittime, ma della società tutta:
se la si riduce ad una “cosa degli ebrei”, si sbaglia.
3.- Senza conclusioni?
Infine, per quanto ci riguarda, rileviamo che la legge 20 luglio 2000,
n. 211, recante “Istituzione
del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle
persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani
nei campi nazisti”, la quale prevede che “La Repubblica italiana riconosce il
giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz,
“Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del
popolo ebraico e le leggi razziali, è stata seguita da altre leggi istitutive
di Giornate della Memoria riguardanti le vittime della strada, i Giusti
dell’Umanità, le vittime delle mafie, le vittime civili delle guerre, le
vittime dell’immigrazione, le vittime dei disastri ambientali e industriali
causati dall’incuria dell’uomo, le vittime del terrorismo, i marinai scomparsi
in mare e le vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del
confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli
infoibati.
dire che la Shoà è, per l’ordinamento giuridico italiano, un ricordo
paragonabile a qualsiasi altro. È giusto oppure no? Abbiamo messo insieme un
po’ di dati, ma le conclusioni (com’è giusto che sia) le dovrebbe trarre
ciascuno di noi.