Con l’aumentare dei casi dopo la tregua estiva la app Immuni potrebbe giocare un ruolo importante, dopo la falsa partenza dei mesi scorsi: e’ l’obiettivo del Governo, che ha lanciato una campagna sui media e sui social per ampliare la platea degli italiani che hanno scaricato l’applicazione, ferma ancora a poco piu’ di 7 milioni. Troppo poco, dicono gli esperti, perche’ il sistema possa essere realmente efficace. Ma come funziona la app? Quando un utente la installa sul suo smartphone, Immuni inizia a scambiare identificativi anonimi (codici randomici) con altri dispositivi che hanno installato la stessa app. Quando un utente risulta positivo, l’operatore sanitario che gli ha comunicato l’esito del test diagnostico gli chiede se ha scaricato l’app e lo invita a selezionare sul proprio smartphone l’opzione per il trasferimento delle sue chiavi anonime nel sistema del Ministero della salute, che si raggiunge cliccando su Impostazioni e poi su ‘Segnala positivita” (formula che ha sostituito quella iniziale, piu’ criptica, che recitava solo ‘Inserisci i tuoi dati’). A questo punto l’app restituisce un codice numerico (OTP) che l’utente comunica all’operatore sanitario. Il codice viene inserito da parte dell’operatore sanitario (impossibile dunque che un utente si autodichiari positivo senza l’intervento del medico), all’interno di un’interfaccia gestionale dedicata, accessibile tramite il Sistema Tessera Sanitaria, e il caricamento viene confermato dall’utente. Da questo momento Immuni avvisa tutti i telefoni che sono stati a contatto nei 14 giorni precedenti, a una distanza di massimo 2 metri, con quello ormai riconosciuto come appartenente a una persona positiva. Ma cosa succede se arriva la notifica piu’ temuta? Sullo smartphone compare in alto un alert che recita “Rilevata esposizione a rischio con una persona COVID-19 positiva”, e piu’ in piccolo “Scopri subito cosa fare”. Cliccando su quest’ultimo link, appare un semplice messaggio che chiede all’utente di avvisare subito il proprio medico e nel frattempo isolarsi, oppure ignorare il messaggio “ma ti sconsigliamo fortemente di farlo”. Non c’e’ dunque un vademecum o indicazioni specifiche: appena ricevuta la notifica bisogna chiamare il proprio medico e concordare con lui il da farsi. Per il ministero della Salute, in ogni caso, il contatto rilevato in modo “virtuale” dalla app e’ equiparato ai “contatti stretti”, e quindi scattano le misure di precauzione, a partire dall’isolamento fiduciario per 14 giorni. Ma alla fine tutto viene concordato con il medico, che presumibilmente prescrivera’ un tampone di controllo. Un sistema tutto sommato semplice ed efficace, secondo Giuseppe Zagami, responsabile comunicazione Fimmg-Continuita’ assistenziale, interpellato a margine del congresso della federazione dei medici di famiglia a Villasimius. “L’utente – spiega – ha modo di sapere subito se e’ stato a contatto con un positivo, e puo’ intanto prendere precauzioni: isolarsi, anche dai conviventi, curare l’igiene e indossare sempre la mascherina. Se il tampone poi risulta positivo, significa che siamo riusciti a identificare il caso precocemente e a interrompere la catena di contagio”. Tecnicamente funziona insomma, secondo il medico, “ma dipende da due fattori fondamentali: ovviamente il livello di adesione, ossia quante persone hanno scaricato la app, e serve almeno il 60% di download, e poi la responsabilita’ civica della persona positiva, che immediatamente dopo aver avuto il referto deve registrare la sua positivita’ sulla sua app, altrimenti la notifica di avvenuto contatto non scatta”. (AGI)