Il 20 settembre 1870 i bersaglieri del Regno d’Italia aprirono una breccia nelle mura aureliane all’altezza di Porta Pia. Alle 5.30 del mattino i primi scontri a fuoco: dopo circa 5 ore di cannoneggiamenti, attraverso un varco di pochi metri, l’esercito italiano entrò a Roma. Ad essere attaccate furono tutte le principali porte della città, ma tra Porta Pia e porta Salaria si svolsero gli scontri più accesi. Capitano della batteria italiana era un ebreo torinese, Giacomo Segre (1839–1894): narrano le cronache che sia stato lui a dare l’ordine di sparare la prima cannonata, evitando così la scomunica minacciata dal Papa nei confronti di chi per primo avesse aperto il fuoco. Segre è un esempio di come gli ebrei fossero già ampiamente integrati nel Regno d’Italia nonché animati anche da un forte spirito patriottico.
Con l’entrata a Roma delle truppe dello Stato sabaudo, i territori dello Stato Pontificio vennero inglobati nello Stato italiano, liberale e aperto alle minoranze. Fu la fine del potere temporale dei papi e l’inizio di una frattura interna al mondo cattolico, ma anche il momento in cui i diritti civili e i diritti politici che erano dell’Italia ormai unita vennero immediatamente trasferiti nella nuova capitale. Una novità importante soprattutto per gli ebrei romani: la breccia di Porta Pia infatti significò la fine del ghetto, istituito nel 1555 da papa Paolo IV. Una prima apertura c’era stata nel 1848 all’epoca della Repubblica Romana, ma il quartiere era rimasto luogo di segregazione e di miseria: strade strette, condizioni igieniche precarie, spazi angusti per troppa popolazione. Con il 20 settembre iniziò una nuova era per i circa 5mila ebrei capitolini: fu l’avvio dell’emancipazione, già conquistata dagli ebrei del resto d’Italia nei decenni precedenti attraverso il percorso dell’unificazione. Ciò significò la piena disponibilità dei diritti civili e politici, quindi la facoltà di studiare, di iscriversi all’università, di girare liberamente senza permessi speciali. Una nuova condizione che determinò anche una trasformazione profonda della comunità e sostanzialmente una larga adesione alle motivazioni patriottiche dello Stato italiano e della monarchia sabauda. La partecipazione degli ebrei italiani alla vita nazionale fu subito molto attiva, con una piena condivisione dei valori fondanti dello Stato italiano: pochi giorni dopo la breccia di Porta Pia, gli ebrei romani inviarono un messaggio di ringraziamento al re Vittorio Emanuele II. Ma il coinvolgimento nelle vicende politiche nazionali andò anche oltre: nelle successive elezioni, sia politiche che amministrative, gli ebrei parteciparono percentualmente in misura più rilevante degli altri cittadini romani. Era l’inizio di un lungo periodo di partecipazione alla vita nazionale, che avrebbe visto il culmine con la Prima Guerra Mondiale, presa d’atto che finalmente si era eguali fra eguali a combattere per la difesa di una nazione. Tuttavia, proprio quella patria per la quale molti avevano combattuto e sacrificato la propria vita, avrebbe tradito i suoi cittadini ebrei con l’emanazione delle leggi razziali nel 1938.