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    “Ogni parola che sapevo”. La storia di una faticosa risalita dalla malattia

    Giovedì pomeriggio l’Ospedale Israelitico ha ospitato nella sede dell’Isola Tiberina, la presentazione del libro “Ogni parola che sapevo” di Andrea Vianello, direttore di Rainews24, ed edito da Mondadori, nel quale racconta la sua lenta e faticosa riabilitazione dopo l’ischemia cerebrale che lo colpì nel febbraio 2019, e che lo portò ad una situazione di afasia, ovvero la perdita della capacità del linguaggio, recuperata solo dopo lunghe terapie logopediche.

     La presentazione promossa da Dottor Libro, rassegna letteraria pensata per portare gli scrittori e i loro libri all’interno delle strutture ospedaliere, si inserisce all’interno del Festival Mondo Eco, 1° FESTIVAL DI LETTERATURA. SOSTENIBILITÀ ECOLOGICA SOCIALE E CULTURALE.

    Ad aprire la presentazione, trasmessa in diretta su Facebook nelle pagine dell’Ospedale, di Dottor Libro e del festival, il curatore ed ideatore della rassegna letteraria Claudio Madau e il Presidente dell’Ospedale Israelitico Bruno Sed.

    “Per noi questa data è molto importante, segna una rinascita per Dottor Libro” ha affermato Madau, ricordando come dopo quattro anni di attività, lo scorso marzo a casa della pandemia ha dovuto interrompere tutte le sue rassegne.

    “L’Ospedale Israelitico, da sempre non è solo il luogo fisico dove si cura il paziente, ma dove si capiscono i problemi del paziente” ha detto il Presidente Sed. “Vedo con piacere l’iniziativa della presentazione del libro di Vianello, che ci racconterà non solo la vicenda umana, ma anche sanitaria, e ciò ci farà capire quali sono gli aspetti per una prestazione sempre migliore, al servizio della persona”.

    A dialogare con l’autore del libro, il giornalista e scrittore Roberto Ippolito, il quale ha ricordato che “verranno donate alcune copie ai pazienti COVID dell’Ospedale Israelitico”. Insieme ad Andrea Vianello, Ippolito ha voluto ripercorrere alcuni momenti della lunga riabilitazione all’ictus.

    “C’è bisogno di dedizione, tecnica e di strutture” ha voluto ricordare Vianello, sottolineando come la riabilitazione, una parola che per l’autore è centrale, l’abbia riportato a riprendere l’uso della parola, anche se ovviamente non come prima.

    Tra i vari punti toccati dal dialogo, anche il tema dei negazionisti. “L’epidemia per un momento aveva riconciliato la popolazione e la scienza, che aveva riacquistato la giusta importanza” ha fatto notare Vianello, facendo presente inoltre che coloro che negano l’esistenza del coronavirus “stanno cercando di uscire da una situazione che non gli piace, ma è anche vero che bisogna fare i conti con queste situazioni”.

    “L’idea di scrivere questo libro sembrava un po’ folle” ha affermato il direttore di Rainews24 “perché per tanto tempo, non solo non riuscivo a parlare bene, ma anche a scrivere”. Ma sentiva l’esigenza di farlo ed “è stata una sfida, ma anche una terapia logopedica, e soprattutto psicologica”. In maniera diretta attraverso il libro ha voluto far bollire in pentole diversi pensieri, paura, necessità.

    Dopo aver ripercorso insieme ad Ippolito i primi momenti drammatici della vicenda che lo ha visto come protagonista, ha raccontato la complessità della situazione per la famiglia e i figli, che però sono stati per Vianello la vera forza per andare avanti, nonostante la paura per loro e di loro, perché lo avrebbero visto debole. “Questa paura mi ha fatto fare un errore, non vederli per tanto tempo, per paura di farmi vedere debole” ha ammesso l’autore “ho commesso una sciocchezza perché gli ho messo e più ansia ed ho capito che io avevo bisogno di loro”, perché per loro era importante che il padre fosse vivo.

    “70mila persone in Italia sono affette da afasia” ha voluto ricordare Andrea Vianello, uno stato da cui è uscito dopo un percorso riabilitativo con una logopedista, considerata dall’autore “un incredibile lavoro fatto di pazienza e certosina rimessa a posto di questi mattoncini caduti come dei Lego, che bisogna rimettere nel posto giusto.”

    “Uno dei motivi per cui ho scritto questo libro è che è per noi tutti che noi abbiamo avuto questo maledetto ictus. Una parola di cui si parla molto poco e che anzi che fa molta paura” ha detto Vianello, spiegando come “questo lavoro intimo del libro, sia un modo per dire che l’ictus non è un tabù, perché siamo gli stessi uomini e donne di prima, magari un po’ rotti, ma sempre con la stessa anima.”

    Per concludere l’incontro Roberto Ippolito ha domandato chi fosse Andrea Vianello adesso, l’autore si è detto “più consapevole della fortuna che ho”.

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