Il pensiero di Berlusconi su
Israele e il popolo ebraico
“La difesa di Israele oggi più
che mai è la difesa delle ragioni della libertà, della democrazia, del
pluralismo civile e religioso.” (19 ottobre 2015) “Considero Israele una parte
della nostra cultura e della nostra civiltà, un faro di libertà e democrazia
nel Medio Oriente.” (8 gennaio 2018) “Siamo qui per testimoniare
l’amore, la vicinanza e la volontà di collaborare. Il mio sogno è annoverare
Israele tra i Paesi dell’Unione europea”. “(4 febbraio 2010) “Non si
può mettere in dubbio la nostra e la mia personale coerenza su un tema di
straordinario valore morale e civile come l’amicizia con il popolo ebraico e lo
Stato d’Israele. [… Da qui] la nostra radicale opposizione ad ogni forma di
antisemitismo vecchio e nuovo, un pericolo che io stesso tante volte ho
denunciato [perché la Shoà] è stato il male assoluto, sul quale non è
tollerabile alcun revisionismo, negazionismo o sottovalutazione: su questi
temi, e sulla nostra fermissima opposizione ad ogni intolleranza e ad ogni
totalitarismo di destra come di sinistra, la nostra storia parla per noi. Ho
imparato questo valore, il grande valore della libertà, da mio padre, esule in
Svizzera per non essere arrestato dai nazifascisti, e da mia madre che,
incinta, rischiò la vita per sottrarre a un soldato nazista una donna ebrea
destinata ai campi di sterminio” (novembre 2019).
Un amico sincero
Sono queste alcune delle numerose
dichiarazioni di amicizia che Berlusconi ha fatto durante la sua vita politica
nei confronti di Israele e del popolo ebraico, che gli sono state riconosciute
costantemente dall’ebraismo italiano e anche da Israele. Lo dice bene la
dichiarazione della presidente della Comunità di Roma, Ruth Dureghello: “Sono
addolorata per la morte di Silvio Berlusconi, un grande amico del popolo
ebraico e Israele.” Al di là del compianto per un leader e per un uomo di cui
si possono certamente discutere tanti episodi e atteggiamenti, ma non la sua
costante difesa di Israele e degli ebrei contro ogni forma di antisemitismo,
revisionismo o antisionismo, c’è un altro dato su cui riflettere, che
Dureghello sintetizza molto efficacemente nella sua dichiarazione: “A lui si
deve il cambio di paradigma tra l’Italia e lo Stato ebraico.”
Il cambio di paradigma
È vero, per quanto riguarda
Israele c’è stata un’Italia prima di Berlusconi, in cui gli amici erano piccole
forze politiche che vanno ricordate con onore: i repubblicani di La Malfa e
Spadolini, i liberali di Malagodi, i radicali di Pannella e pochi altri. Ma la
maggioranza (quasi tutti i democristiani e i comunisti, i socialisti non solo
nella versione filoaraba di Craxi) erano forze politiche diffidenti nei
confronti dello stato ebraico e ben disposte a patteggiare con i terroristi
arabi anche al prezzo della loro impunità. La burocrazia, la diplomazia, buona
parte degli apparati giudiziari, gli intellettuali seguivano la stessa
impostazione. Fu Berlusconi a cambiare tutto, a schierare l’Italia a fianco di
Israele. Anche alcuni sviluppi che non lo riguardano direttamente, come la
svolta di Fini che si prolunga oggi fino a Salvini e Meloni, nascono dal suo
esempio.
Il riconoscimento di Israele
Per questo quando Berlusconi
arrivò a Gerusalemme in visita di stato nel 2010 egli fu il primo leader
italiano ad essere invitato a parlare alla Knesset (il suo discorso si può
ancora sentire qui: https://www.youtube.com/watch?v=r_NK-OnGOxw) accolto con
grandissimo calore sia dal primo ministro (che allora era già Netanyahu, il
quale ricordò accogliendo l’ospite il merito di sua madre nel salvataggio di
una ragazza ebrea) sia dal leader dell’opposizione (Tzipi Livni) e da tutta la
stampa.
Credit foto: Amos Ben Gershom/GPO