Si rinnova la tradizione di questa festa tra arte e spiritualità
che, attraverso la nuova lampada di Luca Vitone e la presenza dei tanti
rappresentanti religiosi, lancia un forte appello contro l’oscurità.
Le luci, protagoniste della festa di Chanukkah, sono tornate a
brillare domenica 10 dicembre al complesso ebraico di Casale Monferrato. Luci nate
dall’arte, come per la lampada creata da Luca Vitone, la 254ma ad entrare nel
Museo dei Lumi, e le grandi e piccole chanukkiot che i tanti amici della Comunità
Ebraica sono stati chiamati ad accendere. Una folla eterogenea, dove c’era chi
indossava la kippah, chi la hijab o la shashia, chi un abito talare, chi una
tunica arancione, chi una divisa e chi non aveva nessun segno particolare:
cittadini venuti a portare la propria vicinanza, sentendo che la luce è più che
mai necessaria in un momento in cui il mondo sprofonda nelle tenebre.
Come è ormai tradizione è stata l’arte ad aprire la celebrazione.
Daria Carmi, curatrice del Museo dei Lumi, con il figlio Leone di soli 20
giorni stretto al petto, ha radunato il pubblico in Sinagoga, ripercorrendo la
storia del tempio di Gerusalemme profanato dai soldati Seleucidi nel 164 e riconsacrato
dopo la rivolta dei Maccabei. Ha fatto notare la lampada perpetua che pende dal
soffitto della sala casalese e di ogni sinagoga: “Chi ha voluto spegnerla ha
voluto togliere l’identità di esistere all’ebraismo, ma poi quel lume è stato
riacceso, anche se l’olio non sembrava sufficiente per arrivare al giorno
successivo. Anche per una piccola Comunità come la nostra esiste sempre l’incertezza
del domani, ma questo non ci impedisce di continuare”.
Accanto a lei, la nuova chanukkia di Vitone attira l’attenzione
nonostante le piccole dimensioni: è costruita con un minuscolo pianoforte a
coda. Daria Carmi ricorda la storia della peculiare collezione del Museo dei
Lumi, ospitata nei locali ipogei del complesso, e come è nata la collaborazione
con questo artista: una vicenda esemplificata anche dalla mostra personale che
si è inaugurata contestualmente in Sala Carmi dal titolo “Cara Casale” (aperta
fino al 4 febbraio) e dedicata in gran parte al dramma dell’Eternit, soggetto che
Vitone ha usato anche nella sua “Per L’eternità” portata alla Biennale di
Venezia dieci anni fa. “La dimostrazione che anche l’arte può accendere la luce
in un mondo non facile da capire e così compensare, attraverso la bellezza, le
sofferenze di un territorio” conclude Daria.
“Nel 2012, lavorando al mio progetto per la Biennale, sono rimasto
sconvolto da quello che era successo in questa città. – rievoca Vitone – All’epoca
ho conosciuto Daria ed Elio Carmi e il loro invito a produrre un’opera è stata
una sfida che ho sposato immediatamente per tutto quello che mi ha dato Casale.
Ho cominciato a pensare a un oggetto semplice, che fosse alle radici
dell’essere umano partendo dalla sua formazione. Un giocattolo, ma anche un
pianoforte perché la musica fa parte delle tradizioni ebraiche. Uno strumento
con solo un’ottava, otto tasti, otto candele colorate, più una bianca, lo
shammash che serve per accendere le altre. Otto colori dell’arcobaleno che sono
un riferimento al gesto divino che annuncia la fine del diluvio”.
A introdurre il momento successivo della giornata l’intervento di
Elio Carmi, Presidente della Comunità di Casale Monferrato, che ha riassunto i tre
aspetti della cerimonia in tre ringraziamenti. La gratitudine per le autorità
civili intervenute ha permesso di ricordare come l’Articolo 3 della Costituzione
tuteli le differenze tra tutti i cittadini. Il saluto ai rappresentanti delle
confessioni monoteiste, che hanno visto in prima fila Raffaele Ya’qoub Frasson,
della Comunità Islamica di Casale Monferrato, ha racchiuso molti riferimenti
all’attualità: “I mondi della spiritualità sono la strada di accesso alla
comprensione, certo, se comprendere si limita a una chiusura diventa un problema,
ma se la comprensione è apertura verso gli altri, allora è rappresentata da un
insieme di diversità simile a quelle che oggi si trovano uniti in questo spazio
da tanti anni per condividere un concetto di pace, convivenza, relazione e forse
anche di crescita. Se io capisco il mio amico Raffaele, che conosco da
moltissimi anni, e Raffaele capisce l’amico Elio, ognuno di noi è partecipe della
storia dell’altro, ci rispettiamo e non abbiamo timore di confrontarci. Il
mondo invece ha paura della diversità. Noi combattiamo questo aspetto e lo
facciamo nella logica per cui la diversità non è un elemento negativo, ma una
ricchezza a cui tutti noi dobbiamo contribuire”. Il terzo ringraziamento è
perciò che rende peculiare l’esperienza casalese: i cittadini che hanno
riempito ogni panca della sala di preghiera. “A Casale siamo una Comunità che
continua ad aprirsi al mondo esterno e alla società civile, ci sono molti che
non appartengono al mondo religioso, ma che sono venuti qui per amicizia,
vicinanza e comprensione, sono qui perché affettivamente siamo una comunità”.
Si è passati così al Cortile delle Api. Ad officiare l’accensione
del grande lume principale un amico venuto a portare la sua testimonianza del
grave momento che sta vivendo Israele: Guy Shamni che ha guidato canti e
preghiere e insieme a Marco Di Porto, padre del giovanissimo Leone. Poi lo Shammash
è passato dalle mani di Elio Carmi ai tanti amici. Per le autorità civili erano
presenti il vicesindaco di Casale Emanuele Capra,il sindaco di Borgo San
Dalmazzo Roberta Robbione, il questore Carmine Bagno, il Capitano della Guardia
di Finanza Francesco Costa, il tenente Piero Pasquino in rappresentanza della
Compagnia di Carabinieri di Casale Monferrato, Licia Sesia dell’ANPI, Gian
Luigi Ravera dell’Associazione Nazionale Alpini, Vittorio Pugno, Comandante
della Polizia Municipale di Casale.
Per le autorità religiose è intervenuto Monsignor Francesco
Mancinelli in rappresentanza della Diocesi, Rav Shoryo Tarabini del Centro
Buddista di Cereseto con i suoi collaboratori e Alessandro Calà, Pastore degli Avventisti
del Settimo Giorno. Nutrita la rappresentanza del Mondo Islamico, oltre a
Frasson sono intervenuti per il Coreis l’Iman Abd Al Tawwab Colucci, l’Iman
Salman Trotti e Mulayka Enriello, Consigliere responsabile
dei programmi educativi. A Mulayka Enriello è affidato un messaggio che
rinnova e ribadisce la collaborazione tra la Comunità Ebraica e le Istituzioni Islamiche
in Italia. “Anche il Sacro Corano mette in guardia i credenti musulmani dalla
violenza e dall’ingiustizia. C’è un versetto che dà il nome ad un capitolo
chiamato il versetto della Luce nel quale si descrive una nicchia, una lampada,
un cristallo, un olio, un albero, una luce. Sono simboli universali che
accumunano ebrei e musulmani nella vera fede e nella nostra comune
responsabilità di ricercare l’illuminazione e reagire alle oscurità”.
E per sconfiggere l’oscurità quale migliore immagine di quella con
cui si conclude sempre la Chanukkah casalese: quella di tanti bambini che
accendono le decine di lampade sparse per il cortile delle Api, facendo
crescere ovunque la luce.