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    25 aprile: liberi tutti? Cosa accadde realmente nella data in cui si festeggia la liberazione dell’Italia

    Il 22 aprile 1946 fu emanato un decreto legislativo che, limitatamente a quell’anno, dichiarò “festa nazionale” il 25 aprile, e, con la legge n. 260 del maggio 1949 presentata da Alcide De Gasperi, tale giorno fu sancito come l’anniversario della liberazione d’Italia dal nazifascismo. Dunque in tale anniversario si festeggia la libertà dalla dittatura e dal terrore, ma, in realtà, non tutti gli italiani erano effettivamente liberi.

    Arminio Wachsberger, al quale Gabriele Rigano ha dedicato il volume L’ interprete di Auschwitz. Arminio Wachsberger, un testimone d’eccezione della deportazione degli ebrei di Roma, Leone Sabatello che a Padova ebbe l’occasione di fuggire dal treno che lo portava ad Auschwitz ma risalì sul vagone per evitare rappresaglie, la tredicenne Fatina Sed, la più giovane romana tornata dai campi di sterminio, Mario Limentani al quale Grazia Di Veroli ha dedicato La scala della morte. Mario Limentani da Venezia a Roma, via Mauthausen, Alberto Mieli, che insieme alla nipote Ester ha scritto Eravamo ebrei: questa era la nostra unica colpa, Isacco Sermoneta che non fu arrestato il 16 ottobre 1943 ma si consegnò ai nazifascisti per stare insieme alla moglie Pacifica Efrati, e alle 3 figlie, Costanza ed Emma, gemelle di 4 anni e Franca di 6 mesi, sono solo alcuni dei deportati romani che il 25 aprile erano ancora reclusi nei campi della morte e furono liberati successivamente.

    Non si tratta di pochi casi, infatti vi erano vari campi che a quella data erano ancora attivi, in alcuni dei quali si trovavano ebrei romani come, ad esempio, Dachau, liberato 4 giorni dopo, Ravensbruck, liberato 5 giorni dopo, Mauthausen, liberato 10 giorni dopo.

    Inoltre, non è neanche esatto affermare che il 25 aprile sia l’anniversario della liberazione d’Italia dal nazifascismo: più correttamente è il giorno in cui il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) proclamò l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti. Inoltre, in tale data i partigiani presero il controllo di Genova e Milano e il V Corpo britannico attraversò il Po, verso Piemonte, Lombardia e Veneto. Tali eventi portarono alla cosiddetta Resa di Caserta: in conseguenza dell’andamento disastroso delle operazioni tedesche su tutti i fronti, il generale Heinrich von Vietinghoff il 28 aprile 1945 inviò i generali Karl Wolff e Fridolin von Senger und Etterlin al quartier generale alleato di Caserta per firmare il giorno dopo, alla presenza di ufficiali delegati inglesi, americani, tedeschi e di un osservatore russo, il documento intitolato  Strumento di resa locale delle forze tedesche e delle altre forze poste sotto il comando o il controllo del Comando Tedesco Sud-ovest  che divenne operativo dal 2 maggio 1945.

    E’ evidente che il 25 aprile sia una data simbolica, ma è sicuramente una “nota stonata” il fatto che l’Italia celebri la Liberazione in un giorno in cui non vi è stata liberazione ma solo l’inizio dell’insurrezione organizzata. Forse avrebbe avuto più senso celebrare la liberazione il 29 aprile, quando fu effettivamente firmata la resa ma, poiché in effetti i combattimenti in Italia si protrassero fino a maggio, una data possibile avrebbe potuto essere l’8 maggio, giorno in cui la Germania firmò la resa incondizionata. Fu certamente una decisione politica che significò scegliere la data di insurrezione organizzata da parte dei partigiani italiani, e quindi premiare la “forza in potenza” e tentare di riscattare l’immagine dell’Italia alleata dei nazisti fino a poco tempo prima, enfatizzando il contributo italiano alla liberazione avvenuta grazie all’intervento alleato.

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