Il colpo di scena di Hamas
Alle sei di stasera Hamas ha comunicato di
sospendere la liberazione del secondo gruppo di rapiti, fino a che Israele
“continua a violare” i termini dell’accordo. La violazione consisterebbe nel
fatto che Israele non consentirebbe ai rifornimenti di arrivare nella parte
settentrionale di Gaza (il che è falso perché si sono visti in rete i filmati
dei camion dei soccorsi nella città di Gaza) e non consegnerebbe i terroristi
condannati in ordine d’anzianità come stabilito. Su questo punto è difficile
avere conferme, ma è ovvio che la lista dei detenuti sia stata oggetto di
trattative. Al momento non si capisce se Hamas stia facendo un gioco di nervi
con Israele o se abbia deciso di rinunciare alla tregua. Funzionari della
sicurezza dei Israele hanno dichiarato che “L’organizzazione terroristica di
Hamas sa che se i rapiti non verranno rilasciati entro mezzanotte (23 in
Italia), torneremo alle azioni militari”.
Il cessate il fuoco ha funzionato per un giorno
La tregua provvisoria fra Israele e i gruppi
terroristi iniziata ieri mattina alle 7 e giunta ormai alla durata di un giorno
e messo, per un giorno aveva tenuto. Vi erano state alcune violazioni
significative ma minori, alcuni razzi sparati pochi minuti dall’inizio del
cessate il fuoco su villaggi nella cintura di Gaza; un missile antiaereo contro
un drone israeliano che volava nella baia di Haifa, dunque ben dentro il
territorio israeliano, abbattuto a sua volta da antimissili; il tentativo dei
terroristi di spingere folle di arabi che si erano rifugiati nella zona
meridionale di Gaza a cercare di tornare a casa rendendo di nuovo impossibili
le operazioni israeliane, che è stato respinto con un uso molto limitato di
armi da fuoco. Ma nel complesso non vi erano state imboscate e attacchi
terroristici, anche l’attività del fronte settentrionale e delle squadre
palestinesi in Giudea e Samaria era molto diminuito: Hamas si è limitato a
uccidere e barbaramente appendere per i piedi a una palizzata due arabi di
Tulkarem accusati senza processo di collaborazione con gli israeliani.
La liberazione dei rapiti
Ieri sera sono stati liberati come previsto 13
cittadini israeliani rapiti da Hamas, quasi tutti del kibbutz Nir Otz o presi
mentre vi erano in visita: Adina Moshe, 72 anni, a cui i terroristi hanno
ucciso il marito; Aviv Katz Asher (2 anni), Raz Katz Asher (5), la loro madre
Doron Katz Asher, la cui madre Efrat (69 anni) è stata anche assassinata il 7
ottobre; Margalit Moses, 78 anni, in convalescenza da un cancro, carissima
amica di Efrat Katz, appena nominata; Danielle Aloni (44 anni) e la sua figlia
di sei anni Emelia; Ruthie (72), Keren (55), e Ohad Munder, quest’ultimo ha
compiuto in prigionia i suoi 9 anni; Yaffa Adar, 85 anni; Hannah Katzir, 78
anni, di cui era stata annunciata la morte per mano dei terroristi. Si tratta
dunque di un gruppo di donne molto anziane e di madri con bambini; nessuna di
loro è una combattente o è stata accusata di alcun reato, se non di essere
ebree. Accanto a loro, senza richiesta di riscatto, sono stati rilasciati dieci
rapiti thailandesi e un filippino. Oggi dovevano essere liberati altri 14
rapiti, un gruppo più o meno con la stessa composizione demografica. Qualunque
persona minimamente onesta, quale che sia la sua posizione politica e il suo
ruolo istituzionale, dovrebbe riconoscere
che il loro rapimento e il loro successivo imprigionamento è un reato
gravissimo, uno dei peggiori che si possano commettere. E però, come molte
“femministe” non hanno protestato per gli stupri e i femminicidi di massa del 7
ottobre, così illustri docenti universitari e opinionisti non si sono sprecati
a condannare il sequestro di persona.
I terroristi scarcerati
Per contrasto, nella lista dei prigionieri
condannati da regolari tribunali israeliani per gravi reati di terrorismo
(anche se sono stati esclusi i terroristi colpevoli di omicidio), che vengono
liberati in questi giorni figurano fra le donne Misoun Mussa, condannata a 15
anni per un attacco con accoltellamento nel 2015 contro un soldato israeliano a
Gerusalemme; Marah Bakeer, arrestata nell’ottobre 2015 dopo aver accoltellato
un poliziotto della polizia di frontiera e condannata a otto anni e mezzo di
prigione; Asra Jabas, una palestinese di Gerusalemme Est che ha fatto esplodere
un serbatoio di gas sotto la sua custodia a un posto di blocco vicino a Ma’ale
Adumim, ferendo un agente di polizia. Vi sono poi 123 ragazzi con meno di 18
anni, fra cui cinque quattordicenni, tutti condannati per atti di violenza che
vanno dall’accoltellamento all’investimento automobilistico, al tiro di bombe molotov,
al tentativo di omicidio per mezzo di grossi sassi buttati contro i finestrini
di automobili in corsa. Ogni equivalenza morale è del tutto improponibile.
Gli sviluppi politici
Israele sa che il lavoro di pulizia dal terrorismo
della Striscia di Gaza non è affatto terminato e intende riprendere la guerra
dopo la fine della tregua per la liberazione dei rapiti, che dura fino a lunedì
e può prolungarsi secondo l’accordo per ancora qualche giorno se Hamas sarà
disposto a rilasciare altri sequestrati. L’Egitto ha confermato oggi la
possibilità di un prolungamento “di un giorno o due”. Al di là dei colpi di
scena tattici per alzare il prezzo, l’interesse dei terroristi è certamente
opposto: prolungare la tregua per poter ricostruire le forze e riprendere il
potere su Gaza, dopo aver ottenuto l’uscita dalla Striscia delle truppe
israeliane usando la pressione internazionale. Per questo scopo i nemici palesi
e occulti dello Stato di Israele lavorano con forza: non solo i manifestanti in
piazza, siano islamisti o ultrasininsitri, ma anche governi e istituzioni
internazionali, a partire dall’Onu.
Il Qatar, il Belgio e la Spagna
Stamattina è arrivato in Israele una delegazione del
Qatar, che appoggia diplomaticamente Hamas, ne ospita i dirigenti, gli fa da
altoparlante mediatico con l’emittente internazionale Al Jazeera, ma si è
ritagliato un ruolo di mediatore soprattutto grazie all’accondiscendenza
americana. Il Qatar dichiaratamente lavora per estendere la tregua e renderla
stabile (fino a quando i terroristi non vorranno romperla di nuovo). Israele è
costretto ad ascoltarlo, se vuole liberare per via diplomatica qualche altro
rapito. Le riunioni sono in corso in vista della scadenza di lunedì. Ieri
invece si sono presentati al valico di Rafah due primi ministri dei governi più
ostili a Israele, quello spagnolo e quello belga (mancava l’Irlanda per
completare il quadro): personaggi politici che non hanno avuto neppure il buon
senso o il minimo di ipocrisia di esprimere solidarietà a uno stato aggredito
dal terrorismo e ai suoi cittadini massacrati, né hanno pensato bene di
visitare Israele, ma sono andati in Egitto in occasione del rilascio dei rapiti
solo a far pressione “per la pace”, in sostanza per riconsegnare Gaza ad Hamas.
È una posizione moralmente insostenibile e politicamente debolissima (anche se
la Spagna ha purtroppo la presidenza di turno dell’Unione Europea fino alla
fine dell’anno). Ma bisogna citarla per comprendere i problemi e le pressioni
che investiranno Israele nei prossimi giorni per rinunciare a combattere e
lasciare la vittoria a Hamas.