Le due guerre
Ci sono due guerre in corso in questo momento fra Israele e
Hamas. Una è quella sul terreno, che a sua volta ha vari aspetti: la guerra sul
terreno e quella aerea, il conflitto al nord e le operazioni antiterrorismo che
si svolgono soprattutto in Giudea e Samaria per prevenire l’apertura di un
fronte di attentati, l’aggressione di missili e droni dallo Yemen, che data la
distanza e i mezzi degli islamisti yemeniti è ininfluente sul piano militare,
ma se non è attentamente monitorata e contrastata dalle tecnologie antimissile
israeliane (e anche dall’azione di Usa, Arabia Saudita ed Egitto che abbattono
i proiettili sul loro territorio e sul Mar Rosso), potrebbe colpire i civili
israeliani. Questa guerra sta procedendo in maniera assai migliore di quel che ci
si potesse aspettare. Gli attacchi da nord si intensificano ma finora restano
più segnali politici da parte di Hezbollah e della Siria che tentativi di
aprire davvero il secondo fronte.
Il fronte di terra
La maggior parte del territorio di Gaza è ormai sotto
controllo israeliano, i militari caduti nell’operazione sono alcune decine –
perdite dolorosissime ma limitate rispetto all’aspettativa. Anche i civili
palestinesi, che Israele cerca per quanto è possibile di non colpire, sono
stati coinvolti nelle operazioni assai meno di quel che poteva accadere in una
guerra condotta con bombardamenti e combattimenti fra le case. Dei morti di
Gaza, che il ministero della sanità di Hamas, dunque una fonte interessata, stima
intorno ai 12 mila, probabilmente i due terzi sono terroristi inquadrati nelle
unità di Hamas. Gli altri sono rimasti intrappolati nei combattimenti perché
non hanno voluto seguire le indicazioni di fuga diffuse dall’esercito
israeliano, o perché Hamas glielo ha impedito, per usarli come scudi umani.
Altri sono vittime collaterali dell’eliminazione mirata dei capi terroristi,
che si trovavano accanto a loro.
Le perquisizioni della grande caserma
Le forze armate israeliane ora stanno svolgendo il compito
molto lungo e difficile di andare di casa in casa nelle zone conquistate alla
ricerca di terroristi, depositi d’armi, ingressi di tunnel. Per ora il
combattimento sotterraneo è raro: si preferisce far saltare le imboccature dei
pozzi che portano alle gallerie, o magari tutto il tratto che è possibile
raggiungere dalla superficie, per sigillarle. I tunnel distrutti in questa
maniera sono finora un paio di centinaia. Sono per il momento istallazioni periferiche,
progettate come strumenti d’attacco contro i soldati. Sarà più difficile fare
altrettanto con le grandi basi sotterranee, dove è certo ci siano i comandanti
del terrore e soprattutto i rapiti del 7 ottobre. In questa capillare
perquisizione che è iniziata dal lato settentrionale della Striscia sono emerse
molte armi, apparecchi di trasmissione, materiali militari, esplosivi, piani di
battaglia, ma anche un’edizione del “Mein Kampf” di Hitler fittamente
sottolineata e annotata, che il presidente israeliano Yitzhak Herzog ha
mostrato alla stampa internazionale. Insomma, si conferma che tutta la striscia
di Gaza, per i suoi 40 chilometri di lunghezza è stata trasformata da Hamas in
una caserma e in una roccaforte terrorista.
La guerra della politica
L’altra guerra si svolge dentro l’opinione pubblica e ha per
teatro soprattutto le piazze occidentali. È chiaro che i terroristi stanno
perdendo e continueranno a perdere la guerra sul terreno, se essa continuerà.
La sola loro speranza è che la campagna israeliana sia interrotta per ragioni
politiche, come furono interrotte prima della conclusione le sei campagne
precedenti (2006, 2008, 2009, 2012, 2014, 2021) provocate dai bombardamenti
missilistici che venivano da Gaza. Se così accadesse anche questa volta, se
Israele dovesse ritirarsi senza aver sradicato Hamas, i terroristi avrebbero in
sostanza vinto e si potrebbero preparare alla prossima campagna. Il loro
terreno di scontro è dunque l’opinione pubblica occidentale. I paesi dell’area,
al di là delle parole, si dividono fra alleati e nemici dell’Iran e della
fratellanza Islamica di cui i terroristi di Gaza sono espressione. Ai loro
nemici, come Egitto, Arabia, paesi del Golfo, non dispiace che i terroristi
siano sconfitti. L’appoggio di Russia e Cina è un cinico tentativo di mettere
in difficoltà l’Occidente, con altre mire (Ucraina, Taiwan).
Il nuovo antisemitismo nelle piazze occidentali
Dove l’opinione pubblica si divide è dunque l’Europa e gli
Usa. Qui sono favorevoli ad Hamas buona parte degli immigrati islamici, che in
certi paesi sono tantissimi, e la sinistra ideologizzata, che vede Israele come
un paese “bianco” e capitalista, espressione di quella democrazia occidentale
che essi detestano. Ma soprattutto in questa sinistra e nell’estrema destra
extraparlamentare che li fiancheggia, riemergono le vecchie pulsioni
antisemite, l’odio per gli ebrei in quanto tali. Accade così che anche in sede
europea i governi più di sinistra (come la Spagna, il Belgio o l’Irlanda) siano
i più nemici di Israele, che ci sia per esempio un parlamentare dell’estrema
sinistra francese David Guirad di “La France Insoumise” (“La Francia ribelle”)
che ha il funebre coraggio di andare in giro a dire che l’uccisione dei bambini
ebrei e lo sventramento delle donne ebree del 7 ottobre sarebbe opera
dell’esercito israeliano. Gira un appello nelle università italiane, firmato
dai docenti di estrema sinistra, in cui sotto un sottile velo di equidistanza
si attribuisce al “colonialismo” israeliano la responsabilità di quel che è
accaduto: un colonialismo che risalirebbe a “75 anni” fa, cioè alla fondazione
dello Stato di Israele, che quindi meriterebbe di essere distrutto con le buone
o con le cattive, come cerca di fare Hamas. Dappertutto non solo gli immigrati
islamizzati, ma anche studenti ideologizzati fanno manifestazioni massicce e
strappano perfino i manifestini in cui vengono ricordati nome e facce dei morti
e rapiti del 7 ottobre: il contrario esatto della memoria che viene esaltata il
27 gennaio. Lo scopo di questa guerra delle piazze e dei manifesti è far
pressione sui governi occidentali perché costringano Israele a interrompere
l’operazione e a lasciare in piedi Hamas, con tutte le nuove stragi di ebrei
che questa sopravvivenza del terrorismo implica per il futuro. Ma quando si
obietta che queste posizioni sono antisemite, la risposta sdegnata è che “i
genocidi” ora sono gli israeliani e che altra cosa è opporsi al governo
israeliano e altra onorare i morti provocati dal nazismo. Insomma, a questo
nuovo antisemitismo gli ebrei piacciono solo da morti.