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    Sotto i missili veri e virtuali – Il racconto da Tel Aviv di Micol Ottolenghi

    20:48 mi arriva una chiamata da mia sorella Ada che mi avvisa dell’allarme missili a Tel Aviv. Esco dal mio dormitorio in accappatoio ancora fradicia dalla doccia, mi accorgo del corridoio deserto, sento l’allarme e corro verso il rifugio anti-bomba.

    Piacere mi chiamo Micol Ottolenghi, ho 19 anni, sono un’ebrea da Bologna e vivo nei Dormitori di IDC Herzliya l’università in cui studio Business ed Economia. Ieri sera ho vissuto un’esperienza angosciante quando gli oltre 1000 missili lanciati da Gaza hanno colpito anche la zona dove vivo. Esperienza che però ho condiviso, scoprendo grande solidarietà, con tanti amici da tutto il mondo che vivono con me nei Dormitori dell’Università. Tra un allarme e l’altro, infatti, ho riscoperto di essere parte di una comunità forte di persone che si sostengono a vicenda e ci sono l’uno per l’altro nei momenti più difficili. All’ingresso dell’edificio un gruppo di ragazzi suonava la chitarra e cantava per tranquillizzare i più ansiosi, quasi ad ogni piano alcuni ragazzi avevano aperto le proprie camere offrendo cibo, vino o anche solo compagnia a chi non volesse restare solo e su tutti i gruppi WhatsApp universitari non sono mancati messaggi di conforto o utili link e video informativi. Io e le mie amiche ci siamo tirate su di morale con due buone bottiglie di vino e un bel piatto di pasta al pomodoro e abbiamo passato la serata insieme promettendoci di svegliarci a vicenda in caso di ulteriori allarmi.

    Inermi di fronte a tanta violenza, ognuno di noi si è sentito in dovere di documentare la situazione con video su Instagram cercando di mostrare una realtà che spesso viene snaturata al di fuori di Israele. Come tanti ambasciatori da oltre 90 paesi diversi, abbiamo deciso di passare la notte cercando di fare la nostra parte nella difesa di Israele facendo sentire la nostra voce sui social media. Io ero tra loro. Ho postato video, mandato post informativi e scritto paragrafi di risposte fino alle 4 di mattina con i crampi alle mani. In tanti mi hanno scritto preoccupati per me, alcuni mi hanno contattato pronti ad avere una conversazione costruttiva seppur si trovassero in disaccordo ma, purtroppo, altrettanti hanno deciso di condividere informazioni anti-Israele. Hanno pubblicato post che riportavano mezze verità o che apertamente puntavano il dito contro Israele dipinto come paese oppressore e addirittura colonizzatore ignorando i secoli di storia coinvolti in questo complesso conflitto. Ecco che i missili che fino a poco prima esplodevano solo fuori dal mio dormitorio ora iniziavano a colpirmi da tutt’altra direzione: mi ferivano a livello emotivo dai post dei miei amici più cari in Italia.

    Io quella sera ho deciso di rispondere e di affrontarli anche a costo di mettere a rischio amicizie decennali. A Bologna sono cresciuta con non ebrei, con persone che tutta la vita sentono solo una prospettiva propalestinese del conflitto. Non posso quindi biasimarli per avere opinioni così polarizzate perché non sono mai stati informati sul contesto storico degli eventi. Quello che posso fare e che devo fare è rispondergli per mostrargli il punto di vista di chi sta vivendo il conflitto, senza pretendere di fargli cambiare opinione ma almeno tentando di suscitare il dubbio. Nel mio piccolo anche io voglio contribuire a mitigare questo odio diffuso perché Israele è un paese meraviglioso che merita il diritto di autodeterminazione. Proprio come il governo israeliano, lo voglio fare non per combattere ma per difendere, non per colpevolizzare ma per riscattare e non per radicalizzare ma per moderare

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