Innovazioni positive
La complessa situazione internazionale di Israele non è mai immobile: vi sono cambiamenti positivi e negativi che la modificano continuamente. L’innovazione positiva degli ultimi anni è stata costituita dai cosiddetti “Accordi di Abramo”, promossi da Trump e sviluppati da Netanyahu. La loro capacità propulsiva non è affatto terminata, tanto che si continua a discutere di una loro prossima estensione all’Arabia Saudita, che sarebbe un’innovazione fondamentale nel panorama del Medio Oriente. Ma anche le relazioni con Marocco, Emirati, Bahrein continuano a progredire, assicurando a Israele una rete di interlocutori vicini che fino a qualche anno fa non era immaginabile.
Il pericolo permanente dell’Iran
Fra gli elementi negativi costanti vi è la guerra non dichiarata ma praticata dall’Iran e dai suoi alleati contro lo stato ebraico, che Israele contrasta cercando di impedire accumuli di truppe e materiali ai propri confini, soprattutto con azioni aeree in Siria. Senza questa interdizione israeliana la capacità di attacco dei suoi nemici sul fronte settentrionale sarebbe già oltre la soglia della guerra aperta. Ma la capacità dell’esercito israeliano di bloccare i rifornimenti di armi avanzate ai satelliti dell’Iran è inevitabilmente limitata. Fra Iran, Iraq, Siria e Libano e in parte Gaza gli itinerari terrestri, marittimi, aerei sono numerosissimi, il nemico è disposto a subire perdite notevolissime pur di proseguire nella sua azione di accumulo di armamenti e quel che si può fare realisticamente è rallentare, ma non fermare, questo flusso.
Le provocazioni di Hezbollah
Il principale beneficiario di questi rifornimenti è il movimento terrorista di Hezbollah, che probabilmente dispone di 150.000 missili, fra cui alcune migliaia ad altra precisione. Questo movimento terrorista di recente ha sviluppato fortemente le proprie provocazioni nei confronti di Israele. Si sono viste suoi reparti armati pattugliare apertamente i confini con Israele sotto gli occhi delle forze dell’Onu che avrebbero proprio il compito di evitare ogni presenza armata in quelle zone che non sia l’esercito libanese ufficiale (peraltro a sua volta sotto il controllo di Hezbollah, rispetto a cui è molto più debole). Vi sono state ispezioni di dirigenti e manifestazioni, e soprattutto la costruzione di due tende militari su un luogo che sta nella “terra di nessuno” fra le due linee fortificate di confine, ma che giuridicamente appartiene a Israele: dunque un’occupazione di territorio di Israele, che ancora è in corso. Tutte queste provocazioni non costituiscono una minaccia militare attuale vera e propria, sono soprattutto propaganda, ma anche uno schiaffo alla deterrenza israeliana, una sfida aperta a osare una reazione che Israele ha ritenuto di non intraprendere, almeno per il momento. Perché Tsahal, l’esercito israeliano (e la dirigenza politica cui risponde), non ha messo a posto il movimento terrorista libanese, come continua a fare con la Siria? Lo spiega un documento reso noto proprio da fonti militari israeliane.
Lo scenario di una guerra con Hezbollah
Secondo lo scenario dei servizi di sicurezza, in caso di guerra con Hezbollah Israele dovrà fare i conti con un numero senza precedenti di razzi lanciati nel suo territorio – si ritiene 6.000 missili al giorno nel primo periodo di guerra e tra 1.500 e 2.000 in seguito. Sono numeri senza paragoni, per esempio, rispetto ai 294 razzi lanciati su Israele in media ogni giorno durante l’operazione di Gaza della primavera scorsa. Si valuta che questi lanci non potranno essere bloccati tutti da Iron Dome e potrebbero portare alla morte di circa 500 civili e al ferimento di altre migliaia (escluse le vittime militari dei combattimenti). Oltre ai diffusi danni alle case e alle migliaia di vittime, c’è molta preoccupazione per la capacità di funzionamento dei servizi pubblici, in particolare in termini di elettricità, comunicazioni, energia, catena di approvvigionamento alimentare e per il blocco della produzione industriale. Ciò che più preoccupa i responsabili della sicurezza è la capacità di lanci di precisione che l’Iran sta assicurando a Hezbollah. Una delle lezioni dalla guerra in corso in Ucraina più preoccupanti per Israele è l’efficacia dei droni iraniani. Oggi appare probabile che Hezbollah, usando armi iraniane, possa colpire pesantemente le infrastrutture vitali israeliane, come le centrali elettriche, i trasporti, i porti e l’aeroporto civile internazionale e le principali autostrade bloccando la circolazione di persone, mezzi, merci, armi di difesa. Inoltre, bisogna considerare la possibilità di migliaia di focolai di incendio, decine di attacchi ai depositi di materiali industriali pericolosi e naturalmente di attacchi informatici.
Lo scontro militare
Tutto ciò riguarda solo la vita civile, senza parlare dei piani di Hezbollah per “conquistare la Galilea” e, in pratica, tentare di invadere e occupare alcuni dei territori settentrionali di Israele – una minaccia propagandistica che non sembra molto probabile. È chiaro che Tsahal è molto più forte delle milizie terroriste. Ma quelle di Hezbollah sono mescolate alla popolazione civile e dar la caccia ai missili e alle bande terroriste richiederebbe, come ha minacciato di recente il ministro della difesa Gallant, di “far tornare il Libano all’età della pietra”. Il che naturalmente presenta molti altri problemi sia sul piano etico, che per l’esercito israeliano è importantissimo, sia su quello politico, perché immediatamente si salderebbe contro Israele uno schieramento che comprenderebbe almeno parte del partito democratico americano e dell’Unione Europea, ma certamente si baserebbe sul mondo arabo, rischiando di distruggere la normalizzazione in corso. Inoltre il territorio libanese è difficilissimo, come si è visto nelle guerre del passato, e la probabile avanzata di Tsahal non sarebbe certo una passeggiata.
La deterrenza di Hezbollah
Questa è la ragione per cui le provocazioni di Hezbollah sono affrontate da Israele con grande cautela. Ma bisogna anche dire che questa cautela (o contro- deterrenza di Hezbollah) è un rischio per la percezione della forza di Israele e della sua capacità di difendersi e di conseguenza rafforza l’aggressività iraniana e intimidisce gli amici di Israele. Anche questa situazione dice che in definitiva la testa del serpente sta a Teheran e non a Beirut e lo scontro decisivo, se ce ne fosse necessità, sarà con l’Iran e non con i suoi satelliti.