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    Operazione Spade di ferro – Giorno 7

    Inizia la fase
    decisiva della guerra

    La guerra terrestre
    a Gaza ormai è prossima. Israele ha completato il richiamo dei riservisti e
    l’organizzazione dei contingenti che entreranno a Gaza. Ha anche avvertito in
    molti modi, con SMS, volantini, messaggi televisivi realizzati hackerando la tv
    di Gaza, perfino con telefonate personali, i civili della parte nord della
    Striscia, dove presumibilmente ci sarà il primo impatto dell’operazione, a
    lasciare il territorio e a rifugiarsi nella zona meridionale, a sud ella città
    di Gaza. Va sottolineato come anche in questa circostanza estrema l’esercito
    israeliano segua le leggi internazionali e si sforzi di nuocere il meno
    possibile alla popolazione civile. D’altro canto questa guerra è necessaria:
    tutto il mondo ha capito che non è possibile più per Israele, che come tutti
    gli stati ha il compito primario di difendere la vita e l’incolumità dei suoi
    cittadini, convivere con un’organizzazione terrorista che ha fatto della strage
    di massa dei civili il suo metodo di “lotta”, macchiandosi di crimini
    mostruosi. Dopo aver pazientato per quasi vent’anni, sopportando perdite e
    lutti e limitandosi di fronte alle aggressioni più gravi a operazioni moderate
    di contenimento, Israele ha capito di dover eliminare completamente le
    organizzazioni terroriste da Gaza e lo farà.

    Gli ostacoli

    Sarà una guerra
    lunga e difficile. I terroristi hanno trasformato l’intera striscia di Gaza in
    una fortezza, che ha al suo cuore una rete intricatissima di tunnel sotterranei
    che ospitano depositi di armi, centri di comando, piattaforme di lancio dei
    missili, caserme e residenze dei capi, ma anche carceri per gli ostaggi. Tutte
    le gallerie sono aperte al fuoco di armi istallate nelle pareti, minate,
    concepite per distruggere le truppe israeliane vi entreranno. Minati sono anche
    in superficie gli edifici e i rifugi, gli ingressi delle gallerie, ogni
    possibile punto di passaggio degli israeliani. Come si è visto nelle operazioni
    precedenti, i terroristi spareranno sui soldati israeliani da scuole, case
    d’abitazione, moschee, ospedali, sotto a cui tengono anche le loro risorse più
    preziose, perché le considerano più sicure per loro. Tutta la popolazione vi
    viene dunque usata come scudi umani da parte dei terroristi, che cercano così
    di impedire ai soldati di rispondere al fuoco per non colpire degli innocenti;
    oppure se lo fanno di poterli accusare di uccidere i civili. Questa è la
    ragione per cui Hamas cerca di impedire agli abitanti delle zone che saranno
    teatro dello scontro di rifugiarsi altrove: un calcolo cinico ai danni della
    propria stessa popolazione. La guerra di terra sarà dunque difficilissima,
    lunga, probabilmente sanguinosa da entrambe le parti: una terribile prova
    fisica ma anche psicologica per i soldati israeliani.

    La guerra psicologica

    Per questa ragione i
    terroristi cercheranno e già cercano di condurre una guerra psicologica senza
    scrupoli. Essa si volge innanzitutto nei confronti della loro popolazione,
    invitata a ignorare gli avvisi di Israele. Poi si sviluppa nei confronti di
    Israele e degli ebrei, tentando di diffondere notizie false e di amplificare le
    minacce che pure esistono. Il lancio continuo di razzi e gli assalti ai confini
    (come oggi hanno tentato di fare i sostenitori del terrorismo dalla Giordania)
    fanno parte di questa operazione, che si estende nel resto del mondo con
    minacce e manifestazioni. Ma il lato più importante di questa guerra
    psicologica riguarda l’opinione pubblica degli altri stati e in particolare di
    quelli che hanno preso posizione per Israele in Europa e in America. I
    terroristi cercano di negare l’orribile evidenza dei massacri, testimoniata da
    mille filmati ed immagini, spesso riprese e diffuse in un primo momento da loro
    stessi. Si presentano come vittime, sottoposte alla violenza israeliana, non
    hanno paura di sostenere tesi contraddittorie, come non aver fatto male a donne
    e bambini e averli anzi spontaneamente rilasciati e accusare Israele di essere
    lui stesso responsabile con i bombardamenti delle loro istallazioni, della
    morte di numerosi ostaggi.

    La retorica della
    moderazione

    Lo scopo di queste
    manovre è semplice. Dato che in prospettiva è chiaro che Israele prevarrà sul
    terreno, si tratta di paralizzarlo, di togliergli il tempo di condurre fino in
    fondo l’operazione per ripulire Gaza dal terrorismo. Hamas, l’Iran, la Russia,
    i loro alleati e difensori nei media e nella politica occidentale si sforzano
    dunque di costruire un fronte “per la pace” e “per la moderazione” che condanni
    e blocchi l’autodifesa israeliana in nome dei valori umanitari. Che gli
    assassini di vecchi e bambini invochino valori umanitari a propria difesa è un
    paradosso atroce, ma la retorica politica non è nuova a queste commedie. Si
    tratta di una campagna di guerra psicologica che è già iniziata oggi e
    certamente si rafforzerà quando inizieranno i combattimenti sul terreno

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