Il silenzio delle organizzazioni femministe sulle donne israeliane stuprate da Hamas
Un silenzio imbarazzante scuote il mondo femminista
da sempre vicino alle vittime di violenza di genere. Ed è sugli stupri e sulle
torture perpetrati dai terroristi di Hamas su donne israeliane il 7 ottobre.
Nessun clamore, nessuna protesta, nessuna manifestazione per il diritto di
genere. Accade nel mondo occidentale e anche in Italia, tanto che i giornali
israeliani hanno iniziato a denunciare l’assenza di istanze contro quanto è
avvenuto.
Quello che ha fatto Hamas è stato simile ai crimini
compiuti dai nazisti durante la Shoah, scrive Ynetnews, si sono scatenati a
bruciare neonati nei forni a microonde. Inimmaginabile quello che hanno fatto
alle donne: stuprate, sodomizzate, mutilate e poi uccise. “Ragazze torturate
davanti alla propria famiglia, donne anziane in sedia a rotelle violentate”.
Abbiamo visto tutti le immagini della ragazza ammanettata con i pantaloni pieni
di sangue. Per non parlare di come hanno ucciso e torturato una donna incinta.
Ma, come riporta Ynetnews, “il mondo è rimasto zitto
davanti a questi orribili crimini di Hamas”. “Dove sono i movimenti femministi?
Dov’è il movimento Me too? Perché sono stati così silenziosi su Hamas? Perché
l’ancor woman della Cnn, Christiane Amanpour, sempre molto aggressiva nei
confronti di Israele,non ha detto una parola sui crimini sessuali perpetrati da
Hamas?”.
Ynetnews si chiede se succederà per Israele ciò che
è avvenuto per i crimini sessuali di Jugoslavia, Ruanda, Sierra Leone e
Ucraina, con l’istituzione di tribunali internazionali, ma è molto scettico a
riguardo. Israele ha annunciato una commissione d’inchiesta sulle violenze
sessuali.
A chiedersi il perché del silenzio anche Haaretz,
giornale molto caro alla sinistra italiana. In un podcast condotto da Allison
Kaplan Sommer, Ruth Halperin-Kaddari, che ha lavorato dodici anni nella
commissione delle Nazioni Unite contro ogni forma di discriminazione nei
confronti delle donne, dichiara di sentirsi “completamente tradita dalle
organizzazioni dei diritti delle donne con cui ha lavorato per anni che hanno
fallito nel condannare – o perfino nel riconoscere – lo stupro, il rapimento e
altre atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre. Oltretutto, i crimini,
diversamente dalle violenze sessuali dei precedenti conflitti, erano stati
filmati dai terroristi di Hamas e trasmessi sui social, così che l’orrore era
subito emerso”. Ed era una prova certa che molto spesso si deve ricostruire a
fatica negli altri conflitti.
“L’Onu – si chiede Halperin-Kaddari – ha la missione
di proteggere le donne dalla violenza, di denunciare quando ci sono stupri, ma
riguardo a quello che hanno subito le donne israeliane c’è stato un completo
silenzio. Ma restando in silenzio, non soltanto discriminano le donne
israeliane, ma danneggiano tutto il sistema perché perdono credibilità. Riguardo
poi al fatto che non hanno speso una parola sugli ostaggi, di fatto
legittimando il crimine del rapimento, forniscono munizioni a chi ha già
iniziato una campagna di negazionismo”.
E in Italia? Cercando sul web, l’unico articolo che
parla del silenzio è quello di Assia Neuman Dayan su Linkiesta del 10 ottobre.
“Da anni sui social si denunciano patriarcato, femminicidi, cultura dello
stupro, però se c’è Israele meglio non spendere mezza parola per le donne
stuprate dai terroristi islamici, questo è antisemitismo”, si legge nel
sommario.
“C’è il video di una ragazza con i pantaloni zuppi
di sangue che viene presa per i capelli e messa su un camion. Eh, però è
complesso. C’è il video di una ragazza con gambe e braccia rotte su camion,
seminuda, a faccia in giù, non si muove, la toccano, ridono, le tirano i
capelli, noi sappiamo cosa è successo. Eh, però è complesso. C’è il video di
una ragazza portata via su una motoretta che urla di non ucciderla, e noi
sappiamo cosa succederà. Eh, però è complesso”, scrive Assia Neuman Dayan.
Come fa notare Francesca Galici ne Il Giornale del
16 ottobre, il movimento “Non una di meno” è sceso in piazza per la Palestina.
“Eppure, quelle di «Non una di meno», si dicono femministe tutte d’un pezzo.
Integerrime e pronte a battersi contro ogni violenza. Gli stupri e la barbarie
contro le donne israeliane, però, non rientrano evidentemente nei loro
interessi. Meglio manifestare solo per il popolo palestinese, in linea con
quello che i «kompagni» fanno ormai da giorni”.
Non ci resta purtroppo che sottolineare anche
l’amarezza per quanto scritto in un post di “Le donne della CGIL contro la
guerra” dove in nessuna parte vengono menzionate le donne israeliane stuprate,
ma ci si arrampica sugli specchi. Si denunciano in neretto “conflitti in cui il
corpo delle donne diventa un bersaglio e lo stupro un’arma utilizzata per
distruggere le comunità e il senso di identità di un popolo”. “In queste ore, i
fatti drammatici di Israele e Palestina che ripercorrono decenni di guerra
dimenticata, la terribile e intollerabile aggressione di Hamas e la violenta e
atroce reazione di Israele, mostrano un orrore senza fine che condanniamo
fermamente. Lo abbiamo visto nei rapimenti e nelle violenze del 7 ottobre e
negli sguardi disperati delle madri a Gaza”. Con tutto il rispetto per le madri
di Gaza, avremmo anche voluto una parole sulle donne israeliane, non era
difficile. Ma non è stato fatto, le violenze e i rapimenti sono stati fatti a
fantasmi, uccise, ammazzate, torturate, violentate e adesso perfino “dimenticate”
dalle femministe.