Abraham B. Yehoshua oggi compie 85 anni. I primi a festeggiarlo, con tanto di torta di compleanno e spumante, sono stati gli italkim in Israele. Lui ha sfidato la stanchezza e la malattia e li ha generosamente ripagati con una conferenza dal vivo, a Tel Aviv, che è stata un’ode all’Italia.
«Generalmente non esco più di casa», ha spiegato lo scrittore israeliano che già la primavera scorsa aveva confessato, in una intervista al quotidiano israeliano Yediot Ahronot, di soffrire per la recidiva di un tumore scoperto un anno prima. «Ma quando Maria (Sica, la direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv, arrivata a ricoprire l’incarico pochi mesi fa dalla Svezia, NdR) mi ha chiesto di onorarla della mia presenza al suo primo appuntamento pubblico ho accettato. Anche perché il mio ultimo libro sta riscuotendo moltissimo successo in Italia e c’è già una produzione cinematografica che ha firmato un contratto per trasformare il romanzo in una mini serie a episodi».
Con l’incontro «L’Italia è la mia seconda casa», l’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv ha voluto sopperire, almeno simbolicamente, al rimpianto dello scrittore israeliano per non aver potuto presentare, nel paese con cui ha un rapporto speciale, il suo tredicesimo e ultimo romanzo «La figlia unica», edito da Einaudi. Che è anche il primo a essere ambientato in Italia.
Si è interrogato a lungo, Yehoshua, sull’alchimia delle relazioni tra Italia e Israele. «E’ strano. Nonostante sia stata alleata della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale, che l’attitudine degli israeliani e degli ebrei nei suoi confronti sia sempre stata di accettazione, mai di ostilità». Sarà che a metà del conflitto l’Italia cambiò posizione e lottò contro i tedeschi. Sarà che la comunità ebraica italiana ha presto perdonato la sua patria. Sarà che alcuni dei più acuti intellettuali, il fior fiore dell’intellighenzia ebraica, sono arrivati dall’Italia in Israele. Fatto sta, sostiene Yehoshua, che «l’Italia è stata tutta un’altra storia». «Ma perché la comunità ebraica è così poco numerosa?», si domanda lo scrittore. «Penso che tuttora il rapporto tra gli ebrei e l’Italia non sia stata esplorata e compresa fino in fondo».
«Amo l’Italia», ha confessato apertamente Yehoshua, rammaricandosi di non aver mai imparato l’italiano come ha fatto con l’inglese e il francese. E con questa premessa, lo scrittore si è rivolto infine all’ambasciatore italiano Sergio Barbanti, che pochi giorni fa ha presentato le credenziali al presidente israeliano Isaac Herzog, per chiedere all’Italia di «essere più coinvolta nel conflitto in Medio Oriente».
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Foto di Deborah Sinai