“Aiutateci a riportarli a casa”. Questo l’appello
dei dodici familiari degli ostaggi di Hamas che sono venuti a Roma per
incontrare Papa Francesco. Il pontefice ha ricevuto la delegazione prima
all’udienza generale e successivamente in un incontro privato. Nel faccia a
faccia, durato poco più di venti minuti, alcuni parenti degli ostaggi hanno
avuto la possibilità di raccontare le storie dei propri cari e lanciare un
appello per la loro liberazione. L’ambasciata d’Israele in Italia ha indetto
una conferenza stampa per raccontare questo incontro.
“Dal 7 ottobre scorso Israele non è più lo stesso,
stiamo vivendo una tragedia enorme” ha affermato l’Ambasciatore dello Stato
d’Israele presso la Santa Sede Raphael Schutz prima di dare la parola ai
familiari dei rapiti. “L’incontro con il Papa fa parte di uno sforzo più ampio
per mantenere alta l’attenzione sulla questione degli ostaggi” ha aggiunto.
Nel corso della conferenza tutti i dodici presenti
hanno preso la parola, mostrando cartelli con le foto dei loro parenti tenuti
in ostaggio e lanciando appelli affinché tutti facciano la propria parte per
salvarli. I familiari hanno definito positivo l’incontro con il Papa. “La
mia impressione personale è stata nel complesso positiva. Il Papa ha molta
influenza positiva nel mondo e spero ci aiuti almeno a mantenere viva
l’attenzione”, ha affermato Moshe Leimberg, padre della 17enne Mia,
sequestrata dai commando di Hamas nel kibbutz Nir Yitzhak. C’è chi però si è
detto deluso per lo scarso tempo a disposizione e sul fatto che non abbia
definito Hamas un’organizzazione terroristica.
“Non c’è stato il tempo per raccontargli la nostra storia” ha
spiegato Yehuda, sottolineando come il Pontefice durante l’incontro non li
abbia nominati e “non ne ha parlato come di un’organizzazione terroristica”.
“Ha detto solo che la guerra deve finire” ha aggiunto. Anche Nada Kipnis
ha affermato che c’è stato poco tempo, “ma capiamo che il suo tempo è
prezioso”. Il Papa è un uomo molto compassionevole, ci ha ascoltato e abbiamo
visto che comprende il nostro dolore” ha detto il figlio di Lilach e
Evyatar Kipnis, uccisi dai terroristi di Hamas nel Kibbutz Be’eri e che ha
molti cari in ostaggio a Gaza.
Durante l’udienza generale il papa ha detto: “Le
guerre fanno questo ma qui siamo andati oltre le guerre, questa non è guerra,
questo è terrorismo”. Kipnis ha tenuto a precisare che il Papa, durante
l’incontro, non ha accomunato Israele al terrorismo, ma ha voluto evidenziare come
si debbano evitare certe false equivalenze. “Non ci può essere nessuna
equivalenza tra Hamas e Israele: da un lato c’è un’organizzazione terroristica
che ha ucciso e stuprato degli innocenti e che si fa scudo dei civili,
dall’altro c’è Israele, che difende i propri cittadini e cerca di fare il
massimo per evitare la morte dei civili” ha spiegato.
In merito all’accordo, aspramente criticato dalle
forze di estrema destra, Yehuda Cohen ha detto la sua: “La questione è una
sola: bisogna rilasciare tutti gli ostaggi e subito. Tutto il resto è
politica”.