Di nuovo schierati contro Israele
Con due voti molto significativi la rappresentanza italiana all’Onu ha
appena dato prova nelle ultime settimane di essersi staccata dal vecchio
schieramento antisraeliano all’Onu, grazie alla guida del nuovo ministro
degli Esteri Antonio Tajani; ma ci è subito ricascata. La responsabilità
probabilmente non è del governo, ma direttamente della rappresentanza italiana
all’Onu.
Il viaggio di studio
Come accade abbastanza spesso, il rappresentante israeliano all’Onu Gilad
Erdan aveva invitato un gruppo di altri ambasciatori presso le Nazioni Unite
a svolgere un viaggio di studio in Israele e in particolare a Gerusalemme,
questa volta associandosi in maniera molto significativa a Lana Nusayeva,
ambasciatrice degli Emirati Arabi. Sono visite importanti per far conoscere la
realtà del Medio Oriente, dei nuovi accordi di Abramo e dissipare la
diffamazione sistematica di cui lo stato ebraico è fatto oggetto. Questa volta
si trattava di un gruppo di tredici ambasciatori, che, dopo due giorni
negli Emirati Arabi Uniti, sono arrivati per un viaggio di cinque giorni
in Israele. Durante la loro visita in Israele, gli ambasciatori incontrano il
presidente Herzog, il primo ministro designato Netanyahu, nonché funzionari
militari e di sicurezza. I diplomatici dovrebbero inoltre visitare la Chiesa
del Santo Sepolcro, il Museo Yad Vashem e altri siti storici. Inoltre, saranno
ospiti del comando settentrionale delle forze armate israeliane, ricevendo
informazioni di sicurezza sulla situazione del difficile confine con Libano e
Siria, saranno portati all’interno dei tunnel terroristici di Hezbollah e altro
ancora. Fra essi vi era anche l’Ambasciatore italiano all’Onu.
Il Kotel mancato
La tappa di ieri riguardava Gerusalemme. In extremis però l’Unione Europea
ha ordinato agli ambasciatori dei tre Paesi europei presenti nella delegazione
– Italia, Slovenia e Romania – di boicottare la tappa del viaggio al Kotel, il
muro occidentale costruito da Erode per il Monte del Tempio, il luogo più
solenne oggi per l’ebraismo, che nella stampa occidentale viene spesso definito
“Muro del pianto”. La ragione dichiarata del boicottaggio sarebbe il fatto
che il Kotel si trova nella Città Vecchia di Gerusalemme, che l’Unione Europea
non riconosce come territorio israeliano. I tre ambasciatori hanno obbedito
all’ingiunzione europea e l’ha fatto anche quello italiano, mettendo con ciò in
evidenza una dipendenza della diplomazia italiana dalla burocrazie comunitarie
non sancita da alcuna norma e politicamente insostenibile. In effetti il pretesto
non regge, perché vi sono molti precedenti in contrario. Poco più di due anni
fa, infatti, il ministro degli esteri italiano in carica Luigi Di Maio era
andato al Kotel. E nel 2016 il presidente Mattarella non era passato dal Kotel,
ma entrato nel cuore della città vecchia di Gerusalemme, visitando la Chiesa
del Santo Sepolcro. In precedenza al Kotel erano venuti, sempre nelle visite
organizzate da Israele gli ambasciatori ONU di Polonia, Repubblica Ceca,
Albania e Slovacchia. Esempi che si potrebbero facilmente moltiplicare. Ma
qualcuno, nella burocrazia di Bruxelles, ha deciso che queste visite non si
potevano più fare.
Ragioni politiche
In seguito alla decisione dei quattro colleghi europei, Erdan ha dichiarato:
“La visita degli ambasciatori che sto conducendo in Israele fa parte della mia
battaglia all’Onu per smascherare le bugie dei palestinesi e il loro tentativo
di cancellare il legame secolare tra noi e Gerusalemme. Sfortunatamente,
quattro paesi europei hanno preso una decisione codarda motivata da
considerazioni politiche. Questa vergognosa decisione non fa che rafforzare la
lotta per rivelare la nostra verità”. Non c’è che sperare che il governo
italiano corregga questa nuova sbandata della nostra diplomazia subordinata
all’Unione Europea contro Israele (e contro la storia).