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    ISRAELE

    “L’accusa che equipara Netanyahu a Sinwar è oltraggiosa” – Intervista a Fiamma Nirenstein

    “L’accusa che equipara Netanyahu e Sinwar segna il collasso e la destrutturazione di tutte quelle istituzioni create dopo la Seconda guerra mondiale per la difesa dei diritti umani”. Così commenta Fiamma Nirenstein, intervistata da Shalom, il mandato di arresto emesso dal procuratore della Corte Penale Internazionale Karim Khan nei confronti del primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant e che li equipara ai capi di Hamas, Yahya Sinwar, Ismail Haniyeh e Mohammed Deif.

    “È un gesto oltraggioso” sottolinea la giornalista e scrittrice italiana che dal 2013 vive a Gerusalemme. Un termine non casuale, quello scelto dalla giornalista, che ha ripreso le parole del Presidente USA Joe Biden, e che si sovrappongono totalmente con la reazione del premier israeliano Netanyahu. Una posizione netta presa anche da altri leader occidentali, tra cui il Cancelliere tedesco Olaf Scholz e il vicepremier italiano Antonio Tajani, che hanno condannato l’assurda equiparazione tra le azioni compiute da Hamas e la reazione di Israele dopo il 7 ottobre. Infatti, spiega Nirenstein, non è possibile mettere sullo stesso piano Netanyahu, “primo ministro democraticamente eletto nell’unico Paese democratico del Medio Oriente, il quale sta conducendo una guerra indispensabile di pura difesa”, e Sinwar che, insieme a Ismail Haniyeh e Mohammed Deif, rappresenta un’organizzazione terroristica, che ha compiuto una “strage di una ferocia mai vista prima di donne, bambini e anziani” e che ha “un’evidente intenzione genocida, dichiarata più volte dagli stessi leader, di voler distruggere il popolo ebraico, a cominciare dallo Stato di Israele”.

    In questo periodo le organizzazioni internazionali, sostiene Nirenstein, “stanno facendo delle cose che di fatto sostengono il terrorismo e soprattutto hanno un evidente carattere antisemita”. “Ci vorrebbe un’insurrezione di tutti coloro che credono nei diritti umani, una rifondazione di tutte queste organizzazioni” prosegue.

    Sostenere la decisione del procuratore Khan, secondo la giornalista, significa “perdere qualsiasi orizzonte morale”. Per questo, secondo la giornalista, dovrebbe essere “denunciato di più dai Paesi che si ritengono sedi della storica costruzione delle società democratiche per i diritti umani”. La sentenza Corte Penale Internazionale distruggerebbe “il concetto stesso di Stato democratico, gli toglie ogni valore” afferma Nirenstein.

    Dopo la richiesta del procuratore della Corte Penale Internazionale, ieri è arrivata la decisione della Spagna, dell’Irlanda e della Norvegia di riconoscere ufficialmente la Palestina. Una scelta frutto di una “cecità morale indotta dall’antisemitismo – sostiene la giornalista – che va solamente a vantaggio di Sinwar e dei suoi uomini, che diventano agli occhi del mondo coloro che hanno causato, col loro comportamento genocida, il riconoscimento dello Stato di Palestina e che spinge gli odiatori degli ebrei nella direzione della violenza”. Inoltre, il riconoscimento dello stato palestinese al momento è viziata da “una cecità assurda di chi non vede che all’interno dell’Autorità palestinese, l’80% della popolazione sostiene Hamas, come verificato da tutte le indagini più recenti”. Un’Autorità Palestinese che, continua Nirenstein, non ha mai condannato la strage del 7 ottobre e non è favorevole alla soluzione a due stati, ma piuttosto alla distruzione dello Stato ebraico.

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