Palloncini arancioni, una torta e un tavolo imbandito di dolci e caramelle: sembra una festa di un qualsiasi bambino, ma è la scenografia preparata nella casa dei bambini del Kibbutz Nir Oz per celebrare il primo compleanno del piccolo Kfir Bibas. Kfir, infatti, è stato rapito il 7 ottobre con la sua famiglia – la madre Shiri, il padre Yarden e il fratello Ariel – e portato nella Striscia di Gaza. È stato il compleanno più triste del mondo, come è stato definito da tutti coloro che aspettano ormai da più di 100 giorni il ritorno del piccolo Kfir e della sua famiglia a casa. Le immagini della mamma, Shiri, che il giorno del massacro stringe forte i suoi piccoli con gli occhi pieni di terrore hanno fatto il giro del mondo. Kfir è infatti divenuto il simbolo di quell’infanzia strappata ai bambini israeliani dai terroristi di Hamas.
Il compleanno di Kfir è stato celebrato simbolicamente mercoledì durante uno speciale tour per la stampa al Kibbutz Nir Oz, dove un quarto i membri sono stati rapiti e uccisi nel massacro del 7 ottobre. Il “Compleanno più triste del mondo” sarà commemorato anche a Tel Aviv. Tutta Israele ha abbracciato simbolicamente il piccolo Kfir e piange gli ormai 100 giorni della sua prigionia.
La casa dei bambini del kibbutz non perde però la speranza e attende ancora il ritorno di Kfir, l’ostaggio più piccolo detenuto a Gaza, con la culla e il ciuccio intatti. “Stiamo festeggiando il suo primo compleanno e lui non è qui”, ha detto Yossi Schneider, cugino di Shiri. “Un quarto della vita di Kfir è stato trascorso sottoterra, in un tunnel lontano dalla luce del giorno”.
La famiglia Bibas è diventata uno dei simboli più toccanti del massacro. Anche il padre Yarden è stato rapito a Gaza quel fatidico sabato, e l’ultima speranza che sia ancora in vita si trova in un video di propaganda pubblicato da Hamas durante la sua prigionia. La mattina del 7 ottobre, Yarden è riuscito ad inviare un messaggio a sua sorella Ofri: “Sembra la fine”, le ha scritto alle 09:09. “Sono terrorizzato. Non ci sono notizie, niente. Posso sentire le loro urla [dei terroristi di Hamas]” continuava il messaggio. Alle 9:43 scriveva: “Stanno entrando” e da quel momento tutti i contatti con lui si sono persi.
Al tour ha partecipato anche Sharon Aloni-Cunio, tornata dalla prigionia di Hamas con le figlie Emma e Yuli. Il marito, David Cunio, risulta ancora prigioniero. “Siamo in quella che era la nostra casa fino al 7 ottobre”, ha detto Sharon mentre si trovava tra le macerie della sua casa completamente bruciata. “Qui c’erano le risate dei bambini e le allegre foto di famiglia. Pensavamo che fosse il posto migliore per crescere le nostre figlie, all’aria aperta e in libertà. Dietro quel recinto fuori, mio marito David, mia sorella Daniel, mia nipote Emilia, io e i nostri gemelli siamo stati portati a Gaza. È qui che le nostre ragazze hanno mosso i primi passi e hanno sorriso per la prima volta. Ora è tutto rovinato, ogni ricordo”.
Aloni-Cunio ha descritto il suo calvario da quando è tornata dalla prigionia e la sua lotta per liberare suo marito David. “Ogni giorno in cui David, assieme ad altri 135 israeliani, è a Gaza, è per me un altro giorno di terrore. La paura è che non lo rivedrò mai più”, ha detto. “Si possono solo immaginare le condizioni adesso, dopo 102 giorni. Non riesco a dormire, ho gli incubi, le ragazze mi chiedono in continuazione perché il loro papà non è tornato da Gaza. Tutte domande a cui non so rispondere. Mi sveglio ogni giorno per mantenere la promessa fatta a David: dare voce a ciò che stiamo vivendo e combattere fino al suo ritorno”.