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    Il colloquio Lapid-Blinken a Roma: fini comuni, preoccupazioni diverse

    Il primo incontro faccia a faccia fra il nuovo ministro degli esteri israeliano Yair Lapid e il suo omologo americano Antony Blinken si è svolto a Roma nel tardo pomeriggio di domenica in una cornice amichevole, ma piuttosto formale. Nella parte pubblica dell’incontro Lapid è partito dal sottolineare che non vi è relazione più importante per Israele di quella con gli Stati Uniti, e che gli Usa non hanno un amico più leale, dato che i due paesi condividono “una tradizione molto lunga e forte di stretta amicizia e cooperazione”.  Ha sostenuto, con uno spunto polemico contro il precedente governo israeliano e implicitamente contro Netanyahu, piuttosto inconsueto nelle relazioni diplomatiche, che “negli ultimi anni sono stati commessi degli errori” e ha promesso il suo impegno per rimediarvi. Ha ricordato poi che Israele e gli Usa hanno importantissimi valori comuni: la libertà, la democrazia, il libero mercato, il perseguimento della pace”. Su questi fini vi è totale vicinanza. Bisogna ammettere che vi sono anche dei dissensi ma questi riguardano non gli obiettivi, ma i i mezzi per ottenerli. Per esempio, “Israele ha alcune serie riserve sull’accordo sul nucleare iraniano su cui si sta lavorando a Vienna, – ha detto Lapid – “Ma crediamo che il modo per discutere di questi disaccordi sia attraverso conversazioni dirette e professionali, non nelle conferenze stampa”. E questa è un’altra frecciata a Netanyahu e probabilmente la maggiore innovazione che Lapid vuole introdurre nelle relazioni fra Usa e Israele: lavorare dietro le quinte invece che dissentire pubblicamente sulle scelte dell’amministrazione Biden, anche su quelle che Israele considera molto pericolose. L’idea di Lapid è che in questa maniera si possa più facilmente far cambiare posizione alla diplomazia americana.

     

    Per il resto il ministro degli esteri e uomo forte del nuovo governo israeliano ha fatto un richiamo al progetto, non molto amato dall’attuale governo americano, degli accordi diretti con i paesi arabi: “Desidero lavorare con voi per allargare il cerchio di pace nella nostra regione. Questo è il modo migliore per portare stabilità e prosperità in Medio Oriente”. In tal modo sarà possibile “rafforzare la nostra capacità di difenderci, lavorando per ridurre al minimo il conflitto tra noi e i palestinesi, rendendo la vita migliore sia per gli israeliani che per i palestinesi e in tutto il Medio Oriente.”

     

    In un discorso molto più cauto, realistico e meno ottimistico, Blinken ha ribadito il concetto dell’amicizia fra i due paesi, ma ha immediatamente sottolineato la preoccupazione americana per Gaza e invitato a lavorare a un progetto di pace i cui vantaggi siano davvero comuni a israeliani e palestinesi. Sull’Iran e sul progetto di finire la fase delle polemiche pubbliche fra Israele e Usa non ha reagito.

     

    Insomma l’impressione di questi discorsi pubblici, tenuti davanti alla stampa, è stata quella di un tentativo di Lapid di mettere a frutto la soddisfazione dell’amministrazione americana per il cambio di governo, per cercare di ottenere un mandato per influenzare a porte chiuse le scelte americane sul Medio Oriente e anche l’espressione di un appoggio da far valere nel difficile quadro politico interno israeliano. Ma Blinken non gli ha dato una chiara soddisfazione. Quel che poi i due si siano detti nel momento di lavoro vero, cioè nell’incontro riservato, non è dato sapere. Certamente però non bisogna farsi troppe illusioni sulla disponibilità di un’amministrazione americana piuttosto lontana dagli alleati tradizionali in Medio Oriente e soprattutto da Israele a cambiare strategia politica per sole ragioni comunicative. Ma questo è solo il primo contatto fra i due diplomatici. come evolveranno le relazioni fra i due paesi si potrà vedere solo fra qualche tempo.

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