Il terrorismo arabo contro la popolazione ebraica di Israele non è nato naturalmente il 7 ottobre 2023 e neppure con le due “intifade”, con la liberazione di Giudea e Samaria del 1967 o con l’indipendenza del 1948. L’inizio della violenza sistematica risale agli anni Venti del Novecento, quando bande arabe cercavano di depredare e distruggere i primi insediamenti ebraici. A quel momento risale il primo embrione dell’autodifesa di Israele: un movimento che si chiamava HaShomer (il guardiano) e addestrava all’uno di armi personali qualche membro per ognuno dei kibbutz e degli altri insediamenti. Lo guidava il primo eroe di guerra di Israele, ancora oggi ricordato con partecipazione: Iosif Trumpeldorufficiale formato in Russia, immigrato nel 1912, caduto nel 1920 nella difesa dell’insediamento di Tel Hal, in Galilea settentrionale.
Quando gli assalti arabi si intensificarono, fra gli anni Venti e Trenta, la direzione sionista fondò la Haganà (difesa), un’organizzazione paramilitare che arrivò nel ’36 a un organico di 10mila uomini e 40mila riservisti. Si trattava soprattutto di difendersi dagli attacchi arabi, ma i rapporti con i britannici che governavano il Mandato non furono mai facili, perché essi preferivano non alienarsi il mondo musulmano, limitando molto fortemente l’autogoverno e l’immigrazione ebraica anche dopo l’inizio delle persecuzioni naziste in Europa. La Haganà fu coinvolta in scontri con gli inglesi fino all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, quando la direzione sionista incoraggiò gli ebrei ad arruolarsi con loro e dopo molti sforzi riuscì a vincere la diffidenza britannica: fu costituita la Brigata ebraica. In questo periodo, per dissensi politici, si separarono dalla Haganà due gruppi di destra, l’Irgun Tzvai Leumi (“organizzazione militare nazionale”) e il Lehi (sigla per Loḥamei Ḥerut Israel, “Combattenti per la libertà d’Israele”). Come forza speciale della Haganà fu costituito il Palmach (sigla per Plugot Maḥaṣ “compagnie d’attacco”). Alla fine della guerra essi ripresero gli scontri da due parti, con gli arabi e gli inglesi, fino alla loro rinuncia al mandato. La proclamazione dello Stato di Israele fu accolta dai Paesi arabi circostanti con una guerra di sterminio e in questa occasione Ben Gurion riorganizzò tutte le forze precedenti nella Tsvá haHaganá leYisraél, in sigla Tsáhal, “l’armata di difesa d’Israele”, che spesso si indica con la sigla inglese IDF (Israel Defence Force).
Con forze molto minori e armamenti inadeguati, raccolti in giro per il mondo o rappezzati in Israele, l’IDF riuscì in quasi due anni di combattimenti a bloccare l’avanzata degli eserciti arabi, a rompere il terribile assedio di Gerusalemme pur perdendo la città vecchia, ad assicurare al nuovo Stato un territorio connesso dalla Galilea fino a Eilat. È sulla base dei quadri, dello spirito e dell’etica sviluppati nella guerra di indipendenza che l’esercito israeliano riuscì ad affrontare vittoriosamente le tre guerre successive contro gli eserciti arabi (1956, 1967, 1973), le campagne del Libano e le varie ondate terroristiche.
Nel corso dei decenni, Israele ha arricchito le proprie forze armate con una marina tecnologicamente avanzata, inclusi sommergibili e navi lanciamissili; con forze corazzate di ottimo livello, equipaggiate con veicoli prodotti in Israele, i famosi carri “Merkavà”; con un’aviazione fra le più forti del mondo equipaggiata con aerei americani (fra cui gli F35 “Adir”) dopo il fallimento del progetto di costruire un vettore nazionale e di una complessa difesa antimissile composta da tre strati (“Iron dome”, “David’s sling”, “Arrow”) cui si stanno aggiungendo armi laser. In genere, l’integrazione con la ricerca scientifica e tecnologica è il punto di forza dell’IDF, con forti ricadute anche sull’industria civile. Ma al cuore del progetto ci sono gli uomini e le donne di Israele, la loro dedizione, l’eroismo che si è visto anche durante il conflitto in corso.