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    ISRAELE

    Da Roma a Tel Aviv: una giovane volontaria nel conflitto

    In un momento storico di grande tensione e dolore, c’è chi ha scelto di rispondere con umanità, impegno e presenza. Rebecca (nome di fantasia), 22 anni, romana, si trova in Israele da alcuni anni e, da quando il conflitto con l’Iran ha raggiunto livelli inediti colpendo direttamente i civili e le loro case, ha deciso di non restare a guardare. Oggi è una volontaria attiva con l’associazione Lev Echad, un’organizzazione civica che da sempre opera in prima linea durante ogni tipo di emergenza, dentro e fuori Israele.
    “Non era nei miei piani iniziare questa esperienza – racconta Rebecca – Ci sono arrivata quasi per caso. Non si può andare da soli nei luoghi colpiti, bisogna far parte di un’organizzazione. Così, tramite un gruppo WhatsApp creato da ragazzi che volevano aiutare dopo che un palazzo era stato colpito, ho scoperto Lev Echad. Da lì è iniziato tutto”.
    Lev Echad – che in ebraico significa un cuore solo – non è una realtà nuova: lavora da anni per coordinare risposte civiche rapide e concrete. Ma con l’escalation dell’attuale conflitto, sempre più giovani civili, israeliani e anche stranieri rimasti bloccati nel Paese, hanno iniziato a partecipare attivamente alle attività di sostegno.
    Una volta arrivati nei siti colpiti, ai volontari vengono assegnate mansioni in base alle necessità: si entra nelle abitazioni danneggiate per aiutare le famiglie a recuperare gli effetti personali, si ripuliscono giardini pieni di vetri e macerie, si sgomberano stanze pericolanti. “Ieri, ad esempio, abbiamo lavorato nel giardino di una casa completamente invasa dai detriti. Venerdì scorso sono entrata in un appartamento a Holon: il tetto era sul punto di crollare. Eppure, noi c’eravamo”.
    Tutto questo avviene senza una struttura governativa alle spalle: sono solo giovani volontari, assicurati, guidati dal desiderio profondo di dare una mano. “È una mobilitazione collettiva vera – spiega Rebecca – Ciascuno fa il massimo compatibilmente con i propri impegni. E anche se il lavoro è fisicamente ed emotivamente faticoso, c’è un bel clima: siamo tutti giovani, ci si aiuta, ci si incoraggia. È qualcosa che nasce da un principio profondamente ebraico: aiutare il prossimo, prendersi cura di un fratello o di una sorella in difficoltà”.
    Rebecca ha anche prestato servizio nei centri di smistamento, come quello di un ex centro Bnei Akiva a Ramat Aviv, dove si selezionano e distribuiscono vestiti a chi ha perso tutto. “È incredibile vedere persone di ogni provenienza fare il possibile per ricostruire, per dare un senso a ciò che è stato distrutto. C’è un’energia che commuove”. Lev Echad non agisce solo in Israele, ma anche a livello internazionale, ovunque ci sia bisogno di risposte civiche rapide e coordinate. Ma la crisi attuale ha qualcosa di diverso. “Con l’Iran non è più una guerra dietro le quinte. Per la prima volta i civili sono stati colpiti in modo diretto e massiccio. È dura, ma io sono felice di essere parte di qualcosa di bello, che costruisce”. Mentre il conflitto continua a colpire, storie come quella di Rebecca raccontano un volto diverso della guerra: quello della solidarietà, del coraggio e del cuore giovane che batte forte dove c’è bisogno di ricostruire, non solo le case, ma anche la speranza

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