Questa domenica noi ebrei ricordiamo con una giornata di digiuno la ricorrenza più triste dell’anno, il 9 del mese di Av, quest’anno rinviato di un giorno, per evitare la coincidenza con il sabato. Non sta a me illustrarne il senso religioso; basti dire che essa è legata a varie disgrazie storiche, anzitutto le distruzioni Tempio di Gerusalemme, nel 587 e nel 70 aEC. Questa spiegazione è già presentata come una tradizione nella Mishnà, finita di scrivere diciotto secoli fa. Accanto ad essa nell’ebraismo non si contano i segni dell’attaccamento a Gerusalemme, dagli usi pasquali e del matrimonio alla benedizione sulla città nella preghiera che si dice tre volte al giorno. Tanto basta a far giustizia di coloro che parlano di una Gerusalemme araba da sempre e della sua pericolosa “giudeizzazione” attuale. Che ne parlino i dirigenti palestinisti, abituati a negare la storia e falsificare la realtà, si capisce. Che lo facciano l’Unesco e i “progressisti” europei e americani, fra cui anche alcuni di origine ebraica, è uno scandalo imperdonabile.
Ugo Volli