Oltre che un’epidemia di Covid, stiamo anche vivendo in questi mesi un’epidemia di intolleranza, altrettanto pesante e generale e dal punto di vista politico altrettanto dannosa. E’ quella che viene chiamata “cancel culture”, cultura (si fa per dire) della cancellazione, o fanatismo collettivo della censura. Questa non si applica solo alle statue, ma anche agli esseri umani. In un’università americana oggi non è possibile essere dissenzienti o comunque diversi dal modello di impegno politico di estrema sinistra (lo chiamano “woke”, la condizione di essere svegli, come se tutti gli altri dormissero o fossero ubriachi). Non hai diritto di parola né di esistenza se non ripeti convinto che Trump sia un mascalzone o che tutti i “bianchi” debbano inginocchiarsi per quel che la loro “razza” ha fatto ai “neri” (tralascio solo per limiti di spazio di illustrare il razzismo implicito in queste definizioni). Anche gli intellettuali e i giornalisti di centro o di sinistra moderata stanno passando seri guai. Si potrebbe pensare che tutto questo non riguardi gli ebrei, o addirittura che essi, essendo “naturalmente” progressisti, si dovrebbero coinvolgere attivamente in questo movimento, come hanno tentato di fare alcune organizzazioni ebraiche americane. Il fatto è però che il movimento che dà origine a queste “cancellazioni” del dissenso sia anche esplicitamente antisraeliano (tant’è vero che gli “ebrei buoni” che vi aderiscono si affrettano a precisare che sono contro l’esistenza di uno stato del popolo ebraico, come ha fatto Peter Beinart in un citatissimo editoriale del New York Times). Spesso poi i dirigenti di Black Lives Matter e simili organizzazioni esprimono esplicitamente il loro antisemitismo. Ma anche se non ci fosse questa pericolosissima tendenza antisemita nel “progressismo” americano e nei suoi imitatori europei, il suo carattere illiberale sarebbe già allarmante. Perché l’esperienza storica millenaria del popolo ebraico mostra che non vi è nulla di più pericoloso del tentativo di creare identità di costumi e di opinioni “progressiste” in un paese. Dal Faraone a Stalin, passando per le Crociate, Hitler, la Riforma di Lutero, gli ordini mendicanti, l’Islam revivalista – ogni ondata di “unità del popolo” ha cercato di cancellare gli ebrei, eterni dissenzienti. E’ inutile, ma soprattutto moralmente sbagliato, cercare di dare ragione ai propri possibili persecutori, che sia per la speranza di rabbonirli o peggio per la convinzione che hanno ragione.