L’ultima parte di questa parashà tratta l’argomento dei korbanòt, le offerte, che si dovevano portare al Bet Ha-Mikdàsh. Questa sezione inizia con il korbàn tamìd, l’offerta quotidiana da portare alla mattina e al pomeriggio, e prosegue elencando i korbanòt da portare nei sabati e nei yamìm tovìm, nei giorni festivi.
Nella Torà è scritto in cosa consisteva l’offerta quotidiana: “Preparerai un agnello al mattino e il secondo agnello il pomeriggio. Ci sarà anche un decimo di efà di fior di farina, come minchà (offerta farinacea), intrisa in un quarto di hin di olio vergine.[…]. La libazione per ogni agnello, quale libazione di vino all’Eterno, sarà di un quarto di hin. Il secondo agnello lo preparerai al pomeriggio, con una minchà uguale a quella del mattino e così pure per la sua libazione …” (Bemidbàr, 28: 4-8).
R. Joseeph Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993, Boston) in Mesoras Harav (p. 224), scrive che i Maestri istituirono le tefillòt di Shachrìt e di Minchà, una la mattina, l’altra al pomeriggio, in corrispondenza al korbàn tamìd. Il termine minchà per la tefillà del pomeriggio appare per la prima volta nei Tehillìm (Salmi, 141:2). Re Davide nella sua tefillà disse: “La mia tefillà stia nel tuo cospetto come il ketòret (profumo), l’elevazione delle mie mani come minchàt ‘arev, (l’offerta della sera)”.
In modo simile quando il navì (profeta) Elia, presentò un korbàn sul Monte Carmelo, durante la disputa con i sacerdoti del Ba’al, fece in modo che l’offerta avesse luogo nell’ora dell’offerta del korbàn tamìd del pomeriggio (I Re, 18:36).
Il Nachmanide (Girona, 1194-1270, Acco), citato da r. Soloveitchik, si domanda per quale motivo la tefillà del pomeriggio è denominata minchà. Infatti il termine minchà si riferisce all’offerta farinacea che accompagnava il korbàn tamìd!
R. Soloveitchik spiega che il tema principale della tefillà di shachrìt è il debito che l’uomo ha nei confronti del Creatore pe la sua esistenza; per il semplice fatto che di mattina ci svegliamo e riprendiamo le nostri funzioni mentali e fisiche. Questo tipo di ringraziamento viene espresso con le parole: “Mio Dio, l’anima che mi hai dato è pura…”.
Il Maimonide (Cordova, 1138-1204, Il Cairo) nel Mishnè Torà (Hilkhòt Tefillà, 6:4) scrive che dopo l’alba è proibito mangiare o fare alcun lavoro prima di aver recitato la tefillà di shachrìt. R. Israel Belsky (New York, 1938-2016) commentò che non bisogna fare alcun lavoro prima di avere recitato le berakhòt del mattino che, come disse r. Ya’akov Kamenetzky (Lituania, 1891, 1886, Baltimora) comprendono già parte della tefillà.
R. Soloveitchik aggiunge, che in contrasto alla tefillà della mattina, nella tefillà di minchà, del pomeriggio, chiediamo che tutto quello che è bello nella nostra vita possa continuare. Non preghiamo semplicemente per le nostre prime necessità, ma per le cose belle della vita, rappresentate dalla libagione di vino che accompagna l’offerta farinacea (minchà). La tefillà del pomeriggio prende quindi il suo nome da questa offerta. Quando si va a lavorare, non lo si fa solo per le necessità di base ma si vuole anche migliorare il proprio standard di vita. Per questo i maestri (T.B., Berakhòt, 6b) insegnano che bisogna stare attenti riguardo alla tefillà di minchà perché la tefillà del navì Elia venne esaudita proprio nel pomeriggio. Ringraziare il Creatore per le belle cose della vita è altrettanto importante quanto riconoscere che è il Creatore che ci da’ il minimo necessario per vivere.