Dopo aver dato le istruzioni per la costruzione del mishkàn, il tabernacolo mobile che accompagnava gli israeliti nel deserto, la Torà interrompe l’argomento per parlare della mitzvà di osservare lo shabbàt, con queste parole: “L’Eterno disse a Moshè dicendo così: «Parla ai figli d’Israele in questi termini: Badate bene di osservare i Miei sabati, poiché esso [il sabato] è un segno tra Me e voi di generazione in generazione perché sappiate che sono io l’Eterno che vi fa kedoshìm»” (Shemòt, 31: 12-13).
Rashì (Troyes, 1040-1105) nel suo commento spiega il motivo dell’inserimento della mitzvà di osservare lo shabbàt dopo la trattazione del mishkàn: “Nonostante che ti abbia incaricato di dare loro ordini riguardo alla costruzione del mishkàn, non considerare permesso rendere non operative le leggi dello shabbàt per quell’opera”. Con questo Rashì afferma che la Torà proibisce di fare melakhòt di shabbàt non solo per noi stessi ma perfino per uno scopo sacro.
Diversi commentatori di soffermano sul fatto che il versetto succitato usi l’espressione “I Miei sabati”. E domandano: quanti sabati ci sono? Non c’è un solo sabato, ovvero il settimo giorno della settimana?
Il Nachmanide (Girona, 1194-1270, Acco) spiega che nella Torà la parola è al plurale perche durante l’anno vi sono molti sabati.
R. Ya’akov Tzvi Mecklenburg (Germania, 1785-1865) in Ketàv ve-ha-Kabbalà commenta che in ogni shabbàt bisogna osservarne due: il primo consiste nel riposo fisico; il secondo è il riposo dell’anima nel quale ci si può occupare di cose spirituali. Il primo riposo è la preparazione per il secondo che è il vero riposo.
R. Joseph Pacifici (Firenze, 1928-2021, Modiin Illit) in Hearòt e He’aròt (p. 107) suggerisce che il motivo per cui viene usata la parola “shabbetotài” (i miei sabati) al plurale, può essere trovato in un insegnamento dei maestri che dicono “Esiste un primo shabbàt e un secondo shabbàt”. Adam fu creato di venerdì poche ore prima dell’entrata dello shabbàt. Non ebbe quindi sei giorni feriali di preparazione prima dello shabbàt come abbiamo noi. Questo primo shabbàt fu quindi uno shabbàt che venne dall’alto senza nessuna preparazione da parte umana. Solo dopo Adam ebbe sei giorni per prepararsi per lo shabbàt. Se un uomo riesce ad elevarsi (spiritualmente) durante lo shabbàt, questo livello gli rimane almeno parzialmente nei giorni della settimana seguente. E nello shabbàt della prossima settimana ha la possibilità di raggiungere un livello ancora più elevato. Da qui impariamo che ci sono diversi livelli per lo shabbàt. E questo è accennato dall’espressione “I miei sabati” al plurale.
R. Pacifici aggiunge che in uno dei versetti seguenti è scritto: “I figli d’Israele osserveranno lo shabbàt facendo lo shabbàt (la’assòt et ha-shabbàt) nelle loro generazioni a venire, come patto perpetuo” (ibid., 31:16). Dall’espressione “La’assòt et ha-shabbàt” possiamo imparare che ognuno fa lo shabbàt in modo diverso, a seconda del suo livello.