Una ricerca fatta in occasione del capodanno ebraico rivela che l’89% dei cittadini israeliani è soddisfatto della propria vita. Considerando che nella popolazione intervistata non può non esserci la parte consueta di malati, di anziani soli, di persone in lutto, e che in più ne fa parte anche chi è stato toccato più o meno da vicino dal terrorismo e il settore arabo-israeliano, un 20% della popolazione che alcuni pretendono “occupato” e “in lotta”, il risultato è straordinario. Per confronto, in Italia la soddisfazione per la propria vita era stimata nell’Istat a gennaio di quest’anno sul 39,6 % (https://www.agi.it/cronaca/istat_soddisfazione_cittadini-3382111/news/2018-01-18/). Perché tanta soddisfazione, confermata anche da un numero di figli per coppia che è mediamente più del doppio che in Italia. Ci sono motivi molto concreti. Da un lato molti ricordano tempi assai più duri in passato, le persecuzioni all’estero, la dura austerità dei primi decenni dello stato. Dall’altro vi è fiducia per il futuro, fondata sul grande livello dell’istruzione, dell’imprenditorialità, su una gestione realistica ed efficace della politica estera e di difesa, sulla fede religiosa. In una parola, c’è ragione di avere speranza. E forse non è un caso che alla speranza, Hatiqva, sia intitolato l’inno nazionale di Israele. Tanti auguri ai lettori di un anno nuovo pieno di speranza e felicità