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    Metaverso e metà decalogo

    Il momento in cui l’uomo imparò a usare il fuoco rappresenta una delle svolte decisive nella storia dell’umanità. Il mito greco di Prometeo interpreta la vicenda come un furto agli dei che per questo dettero una terribile punizione al colpevole. Al contrario, nella haggadà, la narrazione rabbinica, il controllo del fuoco è un dono fatto da Hashem ad Adamo quando fu colto dal terrore rimanendo al buio alla fine dello shabbat della creazione. Questo rapporto positivo lo sottolineiamo ritualmente ogni settimana nella cerimonia della havdalà quando recitiamo una specifica benedizione davanti a una fiamma accesa che ci illumina. Quello del fuoco è un esempio notevole di come la cultura ebraica si rapporti positivamente con i prodotti tecnologici. Il fuoco come ogni altra invenzione o scoperta può essere terribilmente pericoloso e distruttivo ma anche assolutamente utile. È un equilibrio difficile che bisogna gestire ma che non deve significare il rifiuto a priori e totale.

    Queste considerazioni valgono come una premessa essenziale nel momento in cui, a distanza di tempo sempre più avvicinata, dobbiamo confrontarci con l’impatto di nuove tecnologie che cambiano completamente il nostro modo di vivere. Dopo le recenti rivoluzioni digitali, internet e l’arrivo dei telefonini è ora la volta dell’intelligenza artificiale e di una sua espansione particolare, il metaverso. Nessuno si sogni di poter fermare l’evoluzione della tecnologia, a meno che questa non sia completamente distruttiva e autodistruttiva. Altrimenti la novità entrerà nelle nostre vite e dovremo non solo abituarci ma molto presto non ne potremo fare a meno. Tale è la rapidità di immissione nelle vite e nei mercati di questi avanzamenti, che tutte le persone che dovrebbero controllarne lo sviluppo (politici, eticisti, giuristi, addetti alla sicurezza generale e sanitaria, e gli stessi tecnici creatori) saranno molto più lenti a capire di che si tratta per poter imporre delle regole e dei limiti, arriveranno tardi. Questo perché gli investimenti e gli interessi economici sono tali da coinvolgere molte più persone e molto più intensamente di quanto lo siano numericamente e nella loro forza quelli che dovrebbero essere i controllori.

    Se ci spostiamo sul campo più specifico dell’etica ebraica potremmo però già da ora individuare le criticità che dovrebbero mettere in allarme il pubblico e non solo quello ebraico. L’etica ebraica non è limitata agli ebrei, ma ha dei valori da proporre (mai imporre) a tutti.

    Proprio in termini più universali ho pensato che una guida ad alcuni concetti essenziali potrebbe derivare da alcuni dei 10 comandamenti, secondo il canone ebraico e il modo rabbinico di interpretarli.

    Secondo comandamento: non farti alcuna immagine. Non solo è proibito inchinarsi agli idoli ma anche farsi delle immagini, anche se non si adorano. È noto come l’interpretazione di queste regole sia molto diversa nei vari mondi religiosi. La tradizione ebraica intende questo comando come una via di mezzo tra l’aniconismo assoluto dell’Islam e il permesso totale del Cattolicesimo. Per quanto riguarda le immagini, per i rabbini, il divieto principale è per quelle umane complete tridimensionali. Trasportando questi concetti al metaverso si aprono prospettive interessanti. Il  metaverso crea una realtà virtuale tridimensionale, riproduzioni di qualcosa che c’è o immagini di qualcosa che non c’è. Sono virtuali ma appaiono reali, le possiamo vedere e sentire e persino toccare. In che modo il comandamento biblico, nello spirito e nella pratica può essere riferito a situazioni come queste del tutto nuove? Forse in una stretta prospettiva giuridica si potrà dire che la realtà virtuale è esclusa dal divieto, ma la sfida concettuale rimane: perché è proibito farsi delle immagini?

    Quarto comandamento: il Sabato. L’osservanza pratica della regola impone l’astensione da ogni atto con il quale si modifica l’ambiente e si dimostra la nostra capacità di dominarlo. Ad esempio è proibito ogni lavoro di produzione alimentare, dall’aratura dei campi all’impasto della farina fino alla cottura del pane; i lavori stessi e quelli che a loro somigliano. Questo significa tra l’altro che è proibito usare, attivandolo durante il Sabato, qualsiasi sistema tecnologico, da una penna per scrivere a una lampadina da accendere o spegnere, dal computer al telefonino. Non è un caso, richiamando le prime righe di questa nota, che la Torà proibisca esplicitamente di accendere il fuoco di Sabato (Esodo 35:3). Il messaggio essenziale è che noi abbiamo il permesso e anche il dovere di intervenire sulla realtà. Ma non è un permesso illimitato. Vale per sei giorni, il settimo ci fermiamo. Gli strumenti tecnologici sono nostre creature, al nostro servizio. Non dobbiamo diventare schiavi delle nostre creazioni. Almeno per un giorno a settimana dobbiamo recuperare la nostra natura spirituale. Non potremo quindi accedere agli strumenti del  metaverso nel giorno di sabato e questo sarà già un messaggio di liberazione.

    Ottavo  comandamento: non rubare. Per i rabbini non significa solo rubare dei beni, ma in primo luogo le persone, rapirle. Che c’entra questo con il metaverso? Tra le sue potenzialità c’è il controllo totale delle persone che lo usano. Oggi se facciamo una ricerca su internet su un posto turistico veniamo bombardati per giorni da pubblicità riferite al quel sito. Con il metaverso sarà tutto più totalizzante, ogni nostra reazione, dal battito cardiaco al battere le ciglia sarà monitorizzata, analizzata e classificata. Non ci saranno più segreti sui nostri pensieri e le nostre emozioni. Saremo rubati, rapiti, a scopo commerciale prima, e poi politico.

    Settimo comandamento: non commettere adulterio. Tecnicamente la norma proibisce l’adulterio ma più generalmente si tratta di un comando a seguire un comportamento sessuale corretto. Anche qua, che c’entra il metaverso? Uno dei suoi lati più oscuri e problematici è la possibilità che offre, mediante gli accessori “indossabili” che servono ora a usarlo (visori, guanti, camicie ecc.), di provare sensazioni fisiche visive e tattili. Immaginate l’impatto sessuale. Non è più il film pornografico o la bambola di gomma. È l’immersione in un sesso virtuale che potrebbe essere ancora più appagante di quello reale, e molto più comodo, dato che il rapporto con un altro ha sempre un costo sociale. Solo che in questo modo, aldilà di qualsiasi considerazione morale sulle scelte sessuali, si toglierà al sesso la sua funzione fondamentale di confronto e comunicazione interumana, a favore di un isolamento deresponsabilizzato.

    Sesto comandamento: non uccidere. Il metaverso può creare, peggio di una droga, dipendenza, asocialità, perdita di controllo morale, perdita di distinzione tra reale e virtuale, istigazione alla violenza singola e di gruppo. Soprattutto per i più indifesi e coloro che hanno poche esperienze di vita, come possono essere bambini e adolescenti. I social, oggi, per alimentarsi di pubblicità, hanno bisogno di coinvolgere sempre più persone, e uno dei modi per farlo è alimentare dibattiti divisivi e provocatori. Siamo testimoni nel nostro piccolo comunitario come sia facile abboccare a questo amo e quanta violenza gratuita e incontrollata si scateni. Ma questo ora è solo l’inizio. Dopo sarà semplicemente moltiplicato.

    Ce n’è abbastanza per creare un minimo di allarme e indurre alla vigilanza. Pensateci bene, il prossimo anno, prima di regalarvi un visore o di farlo come regalo di bar-bat mitzwà.

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