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    La strana povertà di Abu Mazen e dei palestinesi

    Strane cose accadono nell’Autorità Palestinese. Il presidente (o meglio il dittatore, eletto quattordici anni fa per un mandato di 5 anni e mai più sottopostosi al vaglio degli elettori) Mahamoud Abbas non perde occasione per dire che l’AP è in una situazione di bancarotta. La ragione è che rifiuta di prendere i soldi delle dogane che Israele gli versa regolarmente, perché da esse sono detratti i salari che l’AP versa ai terroristi. Abbas ha detto che il pagamento dei terroristi è la sua priorità assoluta, tantè vero che ha bloccato per questo anche i trattamenti sanitari di emergenza  come quelli di un bimbo con la leucemia (http://palwatch.org/main.aspx?fi=157&doc_id=27729 ) e ha anche proibito ai suoi funzionari di negoziare con Israele e con la Giordania per risolvere la situazione (https://www.jpost.com/Israel-News/Jordan-Abbas-rejects-solution-to-financial-crisis-592010 ). Gli stipendi pubblici sono stati tagliati del 40%, ma quelli dei ministri aumentati del 67%, suscitando l’indignazione generale (http://jcpa.org/corruption-among-the-palestinian-authoritys-top-brass/ ) e ha accumulato un’enorme ricchezza (https://www.middleeasteye.net/news/palestinians-furious-and-fed-corruption-abbass-mafia-pa ). Che cosa vuole Abbas? Continuare a fare soldi, naturalmente, lui e i suoi figli. Pagare i terroristi, perché i loro amici sono ancora armati e pericolosi. E probabilmente suscitare una rivolta popolare per uscire dall’irrilevanza, riportare il problema palestinese al centro della scena politica mediorientale e magari costringere tutti a finanziarlo di nuovo, senza badare se i soldi finiscono ai terroristi o ai suoi conti privati e solo in minima parte ai suoi sudditi. Ma non è detto che questo gioco riesca, almeno fino a che in Israele governa Netanyahu e a Washington Trump.

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