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    La politicizzazione della Corte Penale Internazionale

    Una settimana fa una commissione della Corte Penale Internazionale ha accettato la richiesta della procuratrice capo Fatou Bensouda di dichiarare la Corte competente sugli eventuali crimini di guerra compiuti in Giudea, Samaria e Gaza, contro l’opinione di alcuni importanti stati membri, fra cui Germania, Ungheria, Repubblica Ceca, e dei massimi esperti di diritto internazionale, fra cui il suo stesso presidente, l’ungherese Péter Kovács, che ha scritto una relazione di minoranza, in cui si smonta il provvedimento. Le ragioni per respingere la richiesta di Bensouda erano semplici: la Corte per statuto ha competenza solo sugli atti degli stati che vi hanno aderito, fra cui non c’è Israele, come non ci sono Usa, Russia e Cina; la Corte può agire solo nei casi in cui manchi l’azione della giustizia ordinaria, che invece in Israele è attiva e indipendente; infine i processi possono iniziare solo su denuncia di uno Stato, e l’Autorità Palestinese, che ha richiesto il provvedimento, manca dei requisiti stabiliti dalle convenzioni internazionali per la statualità. Insomma, solo la logica degli schieramenti politici internazionali spiega questa decisione sbagliata e, come ha detto Netanyahu “antisemita”. Una settimana dopo la vittoria di Fatou Bensouda è però avvenuta la notizia della sua sostituzione. A giugno scade il suo mandato e l’assemblea degli stati aderenti al trattato hanno nominato al suo posto il britannico Karim Khan, cui toccherà eventualmente dar corso alle indagini volute dalla Bensouda  – oppure archiviarle. Khan è un giurista internazionale molto noto nel campo dei diritti umani, che ha la particolarità di aver lavorato più spesso dalla parte della difesa che non dell’accusa; ha anche fatto alcune significative dichiarazioni contro la politicizzazione della Corte. La sua elezione è stata attivamente sostenuta, oltre che dalla Gran Bretagna, anche dagli Usa e da Israele. C’è da sperare che questa nomina cambi il funzionamento della Corte e della sua procura, da uno strumento terzomondista che ha sotto Bensouda ignorato il genocidio cinese degli Uiguri, i crimini umanitari in Siria e in Iran, cercando invece di processare Israele e gli Usa, in un tribunale autentico interessato solamente a difendere i diritti umani.

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