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    LA MEMORIA NON SI ADATTA AI LUOGHI COMUNI

    L’Europa ogni tanto ci mette del suo per avviare iniziative discutibili, e qui siamo nel campo delle cose ben note. Ma la risoluzione approvata a Strasburgo il 19 settembre 2019 con 535 voti a favore procede verso i tre passi nel delirio evocati da un film del 1968, ormai storico pure quello e tanto per restare sul tema. Equiparare nazifascismo e comunismo accomunandoli nel ricordo degli orrori del XX regala solidi argomenti al revisionismo, e dunque poi appare inutile lamentare la marea antiebraica che sembra travolgere il vecchio continente. Nessuno deve ignorare o sminuire le nefandezze dello stalinismo, le purghe, i processi farsa, le carestie, il gulag. Resta il fatto che per battere Hitler fu necessario Stalin. L’aggressione tedesca costò all’Unione Sovietica non meno di venti milioni di vittime, forse 25 secondo alcuni. Nove milioni sui campi di battaglia, e tutti gli altri i civili sacrificati per ottenere il Reich millenario dall’Atlantico agli Urali. Per intendersi: le perdite britanniche contarono 450.900 unità, civili inclusi, mentre i caduti USA in combattimento furono 419.400. Alla Cina l’invasione nipponica costò tra i 15 e i 20 milioni di morti. Ma il luogo comune più duro e pericoloso riguarda il contributo ebraico alla vittoria degli Alleati, e la volontà degli ebrei di partecipare alla lotta. Forse esistono anche altri luoghi della memoria, da visitare e onorare per comprendere la storia del popolo ebraico durante la guerra: in Normandia, a Stalingrado, nelle più remote isole dell’Oceano Pacifico. 

    Nel 1939 c’erano 100.000 soldati ebrei nell’esercito polacco. Tra quelli che scamparono ai nazisti, 10.000 continuarono a combattere nelle file del generale Anders. L’esercito francese che resisteva alla disfatta di giugno 1940 commemora tuttora il contributo ebraico. In tutta l’Europa occupata decine di migliaia di partigiani ebrei ebbero una ragione personale per combattere. E inoltre: 60.000 tra le forze dell’impero britannico, più i 30.000 della Brigata; 500.000 gli ebrei dell’Armata Rossa e 550.00 sotto la bandiera a stelle e strisce. Ma i luoghi comuni non risparmiano l’altra parte, se così vogliamo chiamarla anche per non fare sconti a chi tentò di riportare l’umanità alla legge della giungla. Gli ebrei del ghetto di Shanghai (almeno 25.000) non furono consegnati ai nazisti, e il governo del Terzo Reich più volte espresse la propria indignazione alle autorità giapponesi che governavano la città. Francisco Franco autorizzò personalmente, ma senza clamore, il passaggio e l’accoglienza di migliaia di ebrei nella Spagna neutrale. Ci sono i verbali degli incontri di Hitler e dei suoi gerarchi con il dittatore spagnolo. Dopo l’incontro di Hendaye del 23 ottobre 1940, Joachim von Ribbentrop esclamò in presenza di testimoni: “Che ingrato codardo! Ci deve tutto e ora non vuole unirsi a noi!”. Infine, all’inizio del 1941 lo stesso Hitler scrisse a Mussolini: “Per dirla chiara, la noiosa tiritera spagnola è che la Spagna non vuole entrare in guerra e che non vi entrerà.”. Tre anni dopo Giorgio Perlasca si sarebbe dichiarato console spagnolo a Budapest, per fornire documenti e luoghi di protezione a migliaia di ebrei ungheresi. L’ambasciatore franchista Angel Sanz Briz gli aveva garantito l’immunità. Poi tornò in patria, per non collaborare con gli occupanti nazisti.

    PIERO DI NEPI

     

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