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    Israele e la strategia dei cerchi concentrici

    Quando Israele nel 1948 proclamò la sua indipendenza, fu assalito dagli eserciti degli stati arabi circostanti. Miracolosamente li sconfisse, ma i vicini arabi non desistettero dal proposito di distruggere lo stato degli ebrei, con altre guerre, campagne terroristiche, boicottaggi economici e infine con l’invenzione dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e la delega ad essa del lavoro sporco della violenza contro gli ebrei e di quello meno sanguinoso ma altrettanto pericoloso della propaganda. Per contrastare quest’odio dei vicini, Israele seguì quella che Ben Gurion definì la strategia dei centri concentrici. Tutt’intorno ai confini dello stato ebraico c’era un cerchio di sanguinosi nemici; ma al di là di essi c’era un secondo cerchio di possibili alleati, come l’Iran allora governato dallo Scià, la Turchia, l’Etiopia e più lontano gli Stati Uniti, in parte l’Europa. Con il ricatto del petrolio e del terrorismo e con la seduzione dell’ideologia terzomondista gli arabi riuscirono ad assicurarsi molti alleati esterni e anche il “secondo cerchio” fu spezzato dalle affermazioni islamiste prima in Iran e poi in Turchia e anche dagli atteggiamenti di presidenti americani come Carter e Obama e dalla viltà degli stati europei. Poi però le cose sono cambiate ancora, per reazione ai revanscismi iraniano e turco anche  il primo cerchio dei nemici si è lentamente sgretolato, a partire dalla pace con l’Egitto, fino al recente patto con gli Emirati. Certo, restano gli “ultimi giapponesi”, come il Qatar e il Kuwait, a ripetere i vecchi slogan, restano i mercenari dell’Iran e resta il terrorismo palestinista che qualche apprendista stregone ha inventato sessant’anni fa e che oggi è difficile bloccare. Oggi si sta consolidando quel che qualcuno ha chiamato una Nato del Medio Oriente, che comprende Israele e buona parte degli stati sunniti. Ma dato che l’Europa ha rinunciato a resistere agli imperialismi, quelli islamici come quello cinese o russo e che l’ America, se perde Trump, rischia di tornare alla politica masochista di Obama, più che di una Nato si tratta di un patto regionale di autodifesa. Che ha però tutti gli ingredienti (la creatività e la scienza  israeliana, i soldi e il petrolio del Golfo, l’imprenditoria degli Emirati, la collocazione strategica) per diventare anche una zona di straordinario sviluppo.

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