La scelta del primo ministro Netanyahu di non replicare all’attacco missilistico di Hamas con un’operazione di terra su Gaza ha suscitato molte critiche in Israele, le dimissioni del ministro della difesa Liberman e probabilmente la fine precoce del governo e della legislatura. Le ragioni della scelta di Netanyahu sono chiarissime: l’impossibilità di spiantare un movimento terroristico radicato come Hamas da un territorio in cui è fortemente radicato sul piano militare come su quello politico, senza pagare un prezzo molto grave in termini di perdite militari e anche politiche; la necessità di tenere l’esercito pronto al Nord contro la minaccia iraniana ben più pericolosa di quella di Hamas; l’inopportunità di aiutare Muhammed Abbas a riunificare Gaza con i territori sotto il suo controllo. Questi argomenti, condivisi dalle forze armate e di sicurezza non sono bastati a disinnescare il tentativo di Liberman di acquisire un vantaggio elettorale, usando la giusta stanchezza degli abitanti della fascia intorno a Gaza, bersagliati dai terroristi. Anzi il suo “sdegno” per il “cedimento” di Netanyahu ha fatto presa, c’è stato anche qualche buontempone che si è permesso di dare del “codardo” al primo ministro. Voglio riportare qui il commento di Netanyahu, che mi sembra esemplare: “Sei responsabile della sicurezza e quando c’è bisogno, mandi le persone a rischiare la vita, lo fai – ma se c’è un modo per evitarlo, e ottenere gli stessi risultati, questa è la tua responsabilità. Riceverai critiche qua e là? Sì, ma proprio per questo le persone sono scelte come leader.”