Una delle cose emerse alla coscienza collettiva con l’epidemia attuale è che l’unità naturale dello solidarietà, dell’orgoglio, del dolore collettivo è ancora la nazione: non la città e la regione, che pure sono realtà amministrative e anche epidemiologiche, ma soprattutto non le entità sovrannazionali, come l’Unione Europea, che pure svolgono o dovrebbero svolgere un ruolo di solidarietà economica. In Italia c’è stato un forte appello all’orgoglio nazionale, con le bandiere esposte ai balconi, gli appelli alla partecipazione alle feste e la rivendicazione da parte dei gestori dell’emergenza di essere un “modello” “imitato” e “ammirato” dal mondo, il che incidentalmente non è affatto vero, come sa chi segue l’informazione internazionale. Senza offendere questo sentimento, vale la pena di fare un confronto con Israele, non solo nei termini della diffusione del morbo (al momento in cui scrivo il 3,4 per mille in Italia e lo 1,8 in Israele) o della mortalità (0,46 contro lo 0,025), ma anche per i comportamenti sociopolitici.
Le regole del lockdown in Israele sono state un po’ più elastiche, compensate però dalla chiusura di “zone rosse” di città o quartieri e dall’uso di tecnologie di tracciamento. Ma soprattutto le istituzioni non hanno smesso di lavorare, la Knesset si è riunita quasi normalmente; si è largamente convenuto che serviva un governo di unità nazionale e si sono sviluppate le trattative per formarlo; non si sono usati provvedimenti di dubbia legittimità costituzionale, come i nostri DCPM, perché le scelte sono sempre passate dagli organi collettive preposti, senza pletorici comitati “tecnico-scientifici”; il sistema giuridico si è espresso sulla legittimità dei provvedimenti assunti, limitandoli; soprattutto il sostegno economico alla popolazione in difficoltà è stato concreto; le decisioni sono state rapide all’inizio e hanno seguito da vicino lo sviluppo della malattia. Insomma Israele, a differenza dell’Italia, ma come parecchi altri paesi, è un esempio di come si possa affrontare un’emergenza sanitaria in maniera efficiente e insieme rispettosa della democrazia.