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    È iniziata una rivoluzione che può cambiare il Medio Oriente

    Dopo gli Emirati Arabi, il Bahrein; dopo il Bahrein, il Sudan. Dopo il Sudan, proprio l’altro ieri, il Marocco. Dopo il Marocco, chissà, l’Arabia Saudita. E altri esitano, negano, rimandano, ma probabilmente stanno trattando: il Kuwait, il Qatar, si sono sentite voci autorevoli perfino in Libano. Gli accordi di normalizzazione con Israele procedono l’uno dopo l’altro, come una diga in cui si è aperta una falla e che progressivamente si apre. Poco possono farci i sostenitori della “condizione palestinese” per cui la pace fra Israele e mondo arabo si può fare solo passando per le forche caudine di un accordo che i palestinisti non concederanno mai, perché la pace li renderebbe disoccupati. Sono i diplomatici dell’Unione Europea e del Dipartimento di Stato che ha mal tollerato le iniziative di Trump, i consiglieri di Biden, i pacifisti a senso unico per cui va bene solo quel che danneggia Israele. Anzi, il loro sostegno all’Iran che continua a riarmarsi e a preparare le armi nucleari rende più necessario agli arabi trovare un accordo con Israele, perché quando il nemico è alle porte non ci sono pregiudizi che tengano e ci si allea con chiunque condivida l’allarme. Ma al di là del pericolo rappresentato dall’Iran (e della Turchia, non dimentichiamolo, anche se nelle sue giravolte tattiche Erdogan in questo momento sta corteggiando Israele), vi sono altri motivi: la tecnologia agricola, medica, informatica, dell’acqua di Israele fa immensamente comodo a paesi desertici e poco progrediti economicamente; le ricchezze arabe possono trovare investimenti vantaggiosi nella start-up nation, che ne trarrà grandi stimoli. E ancora di più: gli arabi sono sempre stati per gli ebrei i “cugini”, parlano una lingua simile, hanno origini riconosciute comuni, si sono formati in un contesto climatico e naturale analogo. Più di metà della popolazione israeliana ha radici nei paesi arabi. Certo, ci sono state guerre e secoli di persecuzioni; ma se gli ebrei possono vivere bene con la Spagna, terra dell’Inquisizione, in Italia, nonostante le persecuzioni della Chiesa e perfino in Germania, due generazioni dopo la Shoà, perché non nei paesi arabi? Se i “pacifisti” e i palestinisti non ci mettono la coda, è iniziata una grande rivoluzione non solo politica, ma anche economica e culturale, che può cambiare il ruolo dell’intero Medio Oriente. E tutto, ricordiamolo, grazie a Trump e Netanyahu, odiati dai progressisti a parole e reazionari nei fatti.

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