Kaynan Rabino, vicepresidente di Vision Ventures, sezione della Ted Arison Family Foundation che opera nel no profit, e organizzatore del Good Deeds Day, ha visitato Roma per vedere da vicino la Giornata delle buone azioni organizzata dal Centro Servizi Volontariato Lazio (CSV) con il Villaggio di Insieme per il Bene Comune e in collaborazione con Run Rome – The Marathon. Rabino fa parte della fondazione dal 2003. In passato è stato anche CEO di Ruach Tovà (Spirito Buono), principale organizzazione israeliana di promozione del volontariato.
Per conoscere meglio il mondo del volontariato, in particolare all’interno della società israeliana, Shalom ha incontrato Kaynan Rabino.
Ieri, insieme con la maratona, a Roma si è celebrato il Good Deeds Day. Come è nata questa iniziativa?
È nata nel 2007, ma dobbiamo fare un passo indietro, al 2003, quando è nata l’organizzazione Ruach Tovà, un centro di volontariato che connette le persone che vogliono aiutare con le associazioni. Ma sentivamo che mancava qualcosa che portasse energie, spirito, consapevolezza, e che soprattutto portasse persone che non si erano mai affacciate al mondo del volontariato.
Shari Arison, una donna d’affari e filantropa in Israele, pensò al concetto delle buone azioni, un piccolo atto di bene che fai per qualcun altro, anche un semplice sorriso. Tuttavia era necessario pensare a un rebranding del volontariato, associando il fare del bene al divertimento.
Fare volontariato infatti non deve essere qualcosa di pesante, fare del bene deve essere divertente. Ecco perché i colori del Good Deeds Day e tutto il branding mettono felicità. Nel 2007 abbiamo fatto partire il progetto in Israele, al quale parteciparono circa settemila persone. Ad oggi il Good Deeds Day è presente in 110 dieci paesi e vede la partecipazione di milioni di persone. Solo nello Stato Ebraico l’anno scorso hanno aderito in oltre due milioni.
Qual è il contributo della sua associazione per l’edizione romana che si è tenuta ieri?
Abbiamo contribuito portandogli il concept. Quando ho incontrato per la prima volta le persone qui a Roma, non avevano idea dei grandi eventi come il Good Deed Day. Non esisteva l’idea di fare una fiera che riunisse tutte le associazioni, le ONG e i volontari. Abbiamo portato inoltre il brand e tutto il linguaggio del “fare del bene” e far parte di qualcosa di internazionale.
Parliamo di volontariato in Israele. Quante organizzazioni esistono in Israele? Con quante è in contatto la sua organizzazione?
Se consideriamo le NGOs e le nonprofit, in Israele ci sono circa 30mila organizzazioni. Mentre per quanto riguarda tutte quelle associazioni di volontariato per le persone svantaggiate e cose del genere, allora sono circa 6mila. Ruach Tovà è in contatto con circa l’80 percento di queste. Il nostro obiettivo è diventare un centro nazionale di volontariato, vogliamo rappresentare tutte le organizzazioni, e attraverso il nostro sito web vogliamo rendere facile per le persone fare volontariato.
Quante persone aiuta Ruach Tovà a trovare un progetto di volontariato?
Oggi colleghiamo oltre 100mila volontari all’anno in modo diretto. Secondo uno studio fatto con il Volunteer Council of Israel, la maggior parte dei volontari ha tra i 35 ei 45 anni. Inoltre, dobbiamo aggiungere ai numeri di prima ulteriori centomila persone provenienti dalle aziende. Infatti sempre più società danno tempo ai loro dipendenti per andare a fare volontariato.
Qual è il ruolo del volontariato nella società israeliana? Perché è così importante?
Prima di tutto credo che questa sia una domanda che vale non solo per Israele, ma anche per il resto del mondo. Le organizzazioni di volontariato svolgono un ruolo molto importante nella società civile, infatti nessun governo può fare abbastanza per le persone che hanno bisogno di aiuto. Anche il miglior governo del mondo non può aiutare tutti. Le associazioni come le nostre devono collaborare con lo stato e far fronte ai problemi che abbiamo. Questo vale soprattutto per un paese come Israele, che è molto giovane. Oggi il 60 o il 70% del budget del welfare in Israele va alle ONG e i loro progetti per la società civile. Finanziando queste organizzazioni, si costruisce un grande sistema, perché il governo alla fine è limitato, ha molte risorse, ma non può offrire tutti i servizi.
Vision Ventures fa parte della Ted Arison Family Foundation, una delle tante organizzazioni filantropiche che aiutano anche lo stato ebraico. Qual è il ruolo della filantropia?
Rispetto alle organizzazioni di volontariato, la filantropia è un po’ diversa, si basa sulle risorse. Ci sono alcuni filantropi che hanno anche la capacità di fare servizi o cose del genere, ma sono casi particolari. Il ruolo del filantropo è finanziare nuove iniziative per affrontare le sfide che abbiamo. Tuttavia, le fondazioni filantropiche non possono agire da sole, devono collaborare con gli altri attori: il governo e le aziende. Nessuno può farlo da solo, anche la persona più ricca del mondo.
Secondo lei, con la grande crisi che stiamo affrontando, come il cambiamento climatico, la guerra in Ucraina e negli ultimi anni anche il COVID, è cambiato il modo di fare volontariato? Se sì, come?
Penso che solo il COVID abbia davvero cambiato il volontariato, aprendo a un modo completamente nuovo di farlo: il volontariato da remoto. Ciò che erano prima progetti piccoli, come il mentoring, ora sono diventati più grandi. Oggi abbiamo molte lezioni online su Zoom, per esempio una persona dall’Europa può insegnare a qualcuno in Africa. Mentre per quanto riguarda le grandi crisi come il cambiamento climatico e le guerre, in particolare in Ucraina, non è cambiato molto, si sta migliorando il modo di affrontarle e nel lavorare con le partnership. Per esempio in Ucraina abbiamo aiutato il Maghen David Adom e United Hatzalah, che hanno costruito ospedali da campo, mentre in Turchia abbiamo aiutato il gruppo di Ricerca e Soccorso.