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    Una bambina e basta cresce

    Pubblichiamo di seguito un estratto da pag. 49 del nuovo libro di Lia Levi “Tutto quello che non avevo capito. Una bambina e basta cresce” (ed. HarperCollins). La guerra è finita e Lia come tutti gli italiani affronta il tentativo di ritornare a una vita normale, ma è tutto da ricostruire: una nuova casa, gli esami da recuperare, le lezioni noiose dal rabbino, le amicizie di un tempo che si sfaldano e quelle nuove che nascono in cortile, il cuore che batte per qualcuno che non si conosce ancora… Nel sottofondo il rumore di un Paese che è irrequieto e affamato quanto la Lia adolescente, che si batte con coraggio e passione per rivendicare gli ideali di democrazia e libertà. 

     

    La squadra si riforma, ma con qualche strappo

    Già lo sento, ragazzi, qualcuno di voi pronto a protestare: ma perché nel tuo racconto ci infili sempre il “prima”? Non potresti andare di seguito con la nuova storia e via? Sì, potrei. Ma faccio un esempio: metti che qualcuno ti ha distrutto la casa e tu la stai ricostruendo. Non puoi non rifarti a quello che ti sei lasciato alle spalle e che determina il tuo lavoro di ricostruzione, giusto?

    E allora vi racconterò di Jolanda. 

    L’aspettavamo di  nuovo  fra  noi  Jolanda,  insieme  alle  altre del tempo della scuola ebraica. Ormai erano riapparse quasi tutte.

    Jolanda  era  quella  bambina  che  si  faceva  notare  per  quel  grande  e  trionfante  fiocco  che  portava  sui  capelli. 

    Sua  madre  si  divertiva  a  cambiare  il  colore  del  nastroquasi tutti i giorni. 

    E indovinare il colore del giorno era diventato quasi un gioco per noi.

    «Perché non è venuta Jolanda?» ha chiesto per prima mia sorella.

    Nessuno  ha  saputo  rispondere,  finché  una  ragazzina  magra  magra  che  conoscevamo  appena  ha  mormorato:  

    «Jolanda  non  c’è.  L’hanno  portata  via  i  tedeschi  con  la  famiglia».

    «Sì, ma quando torna?» ha insistito Gabrì.

    «Non si può sapere.» 

    La bambina magra ha allargato le braccia indirizzando un’occhiata imbarazzata nella mia direzione.

    «Non si sa» ho ripetuto frettolosamente anch’io. 

    Lo sentivo, lo sentivo nell’aria con angoscia che doveva esser successo qualcosa di terribile e non raccontabile a chi era stato caricato sui treni tedeschi.

     

    Credits: © 2023 Lia Levi/Grandi & Associati/HarperCollins Italia

    Credit foto: ©Giliola Chisté

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