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    "Sritot”: un cortometraggio indaga sulle “ferite” d’Israele – Intervista all’autore e regista Dario Sanchez

    Un cortometraggio su Sderot e le sue ferite, che trovano voce nella storia di un ragazzo, prima soldato poi maestro, nella città al sud d’Israele, bersaglio dei missili sparati da Gaza da decenni. Ma il film “Sritot” (in italiano “cicatrici” o “graffi”), il primo pensato per il cinema dal suo autore, Dario Sanchez, è anche un documentario, perché la storia che racconta è vera. E come nella tradizione del cinema d’autore che punta tutto sull’autenticità, forse pensando anche ad una memoria futura oltre che al presente, il regista osserva e riprende una storia che sembra snodarsi da sola in un racconto vivo, perché di vita si parla. “Sritot”, di cui Sanchez è regista, direttore della fotografia e post-produttore, sarà presentato il 13 luglio alla Cinematheque di Gerusalemme, col sostegno dell’Hadassah Academic College, dove si laurerà questo mese. Shalom ne ha parlato con lui.

     

    Puoi raccontarci il tema ed accennare alla storia di “Sritot”?

     

    Io racconto Sderot attraverso l’esperienza di Daniel Della Rocca, un giovane israeliano di origini italiane che, a quattro anni dalla fine dell’operazione “Tzuk Eitan”, durante la quale ha combattuto come riservista, ha preso la decisione di trasferirsi a Sderot in cerca di risposte alle numerose domande che si è posto in guerra. In questa città povera e periferica, che vive costantemente nell’ansia dell’attesa del prossimo round, Daniel decide di diventare maestro di scuola elementare, ed è nella sua scuola e nel rapporto con i suoi alunni che finalmente trova uno scopo: se non può avere le risposte che cerca, quanto meno può fornire ai “suoi” bambini gli strumenti per trovarle, forse, un giorno. 

     

    Perché Sderot?

     

    “Sderot è la città del sud di Israele prossima al confine con Gaza, la cui quotidianità è segnata dal conflitto in corso da oltre vent’anni tra Israele e le organizzazioni terroriste al potere nella Striscia, prima tra tutte Hamas. Da oltre 20 anni Sderot è sotto continua minaccia missilistica, e purtroppo nessun Primo Ministro e nessun Governo è riuscito a cambiare finora questa situazione, che di escalation in escalation si è cronicizzata, e per la quale non si intravede una fine. 

     

    Da dove è nata l’idea, l’esigenza di raccontare questa storia attraverso il cinema?

     

    ‘Sritot’ nasce dall’esigenza di raccontare questa realtà senza scadere nella pornografia del dolore in cui talvolta si rischia di incorrere quando si affrontano dei temi legati alla guerra, qualunque guerra. E in effetti, più che del conflitto, “Sritot” ci parla dell’attesa insopportabile del prossimo missile, oltre che delle cicatrici che tra una operazione militare e l’altra si incrostano nell’intimità delle persone e sul paesaggio.  Il corto non offre facili soluzioni a problemi complessi. E nemmeno potrebbe. Si limita a presentarci, attraverso i dubbi e i dilemmi di Daniel, una Israele meno nota al grande pubblico, ma sicuramente da scoprire e su cui riflettere. 

     

    Quali sono i tuoi progetti futuri nel campo del cinema e della fotografia?

     

    Il mio film è parte di quell’indagine che una nuova generazione di narratori di origine e provenienza assai diversa – ebrei, cristiani e musulmani – attraverso il mezzo fotografico e cinematografico sta facendo della realtà israeliana. Inoltre, in collaborazione con Progetto Dreyfus sto avviando un progetto che ha l’obiettivo di far conoscere ad un pubblico più ampio la realtà israeliana vista attraverso la lente dei giovani documentaristi emergenti, protagonisti del cine-documentario e del reportage fotografico d’autore, e che, senza filtri, e in maniera originale, sono testimoni delle sfide politiche e sociali in corso in Israele. 

     

     

     

    Dario Sanchez, 30 anni, è un fotografo documentarista e videomaker italo-israeliano. Nel 2014 ha fatto Alyah da Roma e da allora vive e realizza i suoi progetti a cavallo tra Italia e Israele. Nel 2015 si è arruolato come fotografo militare nell’IDF, documentando per conto dell’unità COGAT la complessa realtà delle relazioni tra Governo israeliano e Autorità nazionale palestinese, sia nel West Bank che ai confini con la Striscia di Gaza. Dopo il congedo si è iscritto alla Facoltà di Fotografia e Comunicazione dell’Hadassah College, e ha prodotto servizi e reportage pubblicati da numerosi giornali e canali italiani e internazionali.

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