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    Purim e la lezione del Rabbino David Prato: impegno costante per la collettività contro i nuovi Amalek

    David Prato è stato un rabbino, un maestro straordinario nato a Livorno nel 1882. Non è un caso che questo personaggio di statura elevatissima non fosse romano. Infatti, nell’età contemporanea è stato necessario attendere la nomina di Rav Riccardo Shmuel Di Segni per avere rabbino maggiore “autoctono” (2001).

    Prato fu anche Rabbino capo ad Alessandria d’Egitto dal 1927 al 1936 e della Comunità di Roma dal 1937 al 1938. Tornerà a essere la guida spirituale della collettività ebraica capitolina, dopo un periodo di relazioni controverse con la dirigenza comunitaria., solo al termine del secondo conflitto mondiale sino al momento della sua morte, occorsa il 7 marzo 1951.

    Uomo di specchiata onestà e tutt’altro che indifferente alle nefandezze del fascismo, fu un pensatore sublime che ha lasciato scritti di valore assoluto. Fra questi si ricorda Dal Pergamo della comunità di Roma, datato 1950.

    Di quel mirabile testo mostriamo alcune pagine riferite al periodo di Purim, in particolare al sabato che lo precede, lo Shabbat Zakhor. In questo breve, ma intenso, capitolo mette in risalto la perpetua presenza di Amalek, inteso come il male nei confronti degli ebrei, colui che compare in diversi momenti della storia delle comunità ebraiche del mondo. Dato il periodo della pubblicazione, l’ultima delle figure riconducibile al personaggio biblico è quella di Hitler. Tale richiamo gli consente di introdurre un tema più importante dell’antisemitismo in quanto tale, che è quello dell’istituzione di una data per ricordare ogni accadimento importante e associarci momenti di ritualità collettiva, fondamentali affinché di generazione in generazione questi costituiscano elementi chiave per quella che oggi chiameremmo l’educazione civica. La memoria come elemento fondante del sistema valoriale ebraico e non solo.

    L’aspetto sorprendente è che in quegli scritti rimprovera la comunità ebraica di Roma di scarso impegno nel sostegno al neonato Stato d’Israele. Va tuttavia, sottolineato che gli ebrei del dopoguerra erano prostrati dal conseguente delle leggi antiebraiche, dalla guerra e dalle deportazioni e che, tuttavia, di lì a poco diedero vita a molte iniziative in favore dello Stato ebraico anche se il numero di alyoth romane non è mai stato paragonabile a quello di altre realtà coeve.

    In ogni modo, colgo in questo un monito la necessità di ricordare per non lasciarsi travolgere dalla quotidianità che svia dai valori, che non ci consente di riflettere sulle priorità etiche di un ebreo, l’esigenza di un impegno costante per la collettività. Un dovere volto anche ad individuare il nuovo odiatore, che spesso emerge dalla nostra indifferenza, dalla nostra incapacità di stare insieme, dall’egoismo becero e dalla conflittualità meschina e distruttiva. Tutto questo rischia ogni volta di spanare la strada agli Amalek di oggi e di domani. Fortunatamente, anche nelle situazioni più difficili, su tutta una serie di piani, sta a noi decidere.

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