È uscito “Antisemitismo di carta. La stampa italiana e la persecuzione fascista dei giornalisti ebrei” (Carocci, 2024) a cura dello storico Enrico Serventi Longhi. Un’opera frutto di minuziose ricerche degli studiosi che getta una nuova luce sulle drammatiche vicende che hanno colpito i giornalisti italiani di religione ebraica durante le leggi razziali in Italia. Storie di uomini e donne perseguitati ed espulsi dall’ordine che sono riemerse dallo studio dei documenti della Fondazione Murialdi.
Nel volume è analizzato l’uso strumentale del giornalismo da parte del regime fascista, l’adesione di molti giornalisti all’ideologia e alla propaganda e le vicende personali di singoli giornalisti che non hanno potuto svolgere il proprio mestiere a causa delle leggi razziali.
L’opera è stata presentata il 9 maggio presso la prestigiosa sede dell’Archivio Storico della Presidenza della repubblica e rientra nel ciclo dei seminari organizzati dall’Archivio: “1943-1944. Dallo sbarco in Sicilia alla liberazione di Roma”.
L’incontro, moderato da Stefano Folli, giornalista di Repubblica, è stato arricchito dagli interventi di Marina Giannetto, Sovrintendente dell’Archivio storico della Presidenza della Repubblica, di Patrizia Guarnieri, Professore ordinario di Storia contemporanea all’Università degli Studi di Firenze, dello storico Michele Sarfatti, del Professore di Storia contemporanea Andrea Ungari dell’Università degli Studi Guglielmo Marconi. Sono intervenuti anche il Presidente dell’Ordine nazionale dei Giornalisti Carlo Bartoli e Giampiero Spirito, Presidente della Fondazione sul giornalismo “Paolo Murialdi”.
La ricerca è il primo studio sistematico sul tema e si concentra sull’area centro-settentrionale del Paese. «Nel volume sono presenti brandelli di vita che a volte spaventano o indignano» ha sottolineato Bartoli che ha ricordato la storia commuovente di un collega che aveva che aveva richiesto la cancellazione dalle liste della comunità ebraica nella speranza di poter continuare a lavorare e che dopo essersi ammalato si è nuovamente iscritto per poter essere sepolto ebraicamente.
Giampiero Spirito, insieme alla Fondazione Murialdi che presiede, è stato tra i sostenitori e promotori della ricerca e ha evidenziato come «il giornalismo è un po’ la biografia della nazione e in questo volume vediamo come questa terribile vicenda dell’antisemitismo colpisce anche i giornalisti».
I professori universitari hanno approfondito il tema fornendo ulteriori motivi di riflessione e spunti per future ricerche sull’argomento. La professoressa Guarnieri ha fatto notare come nell’opera si possano comprendere meglio le strategie dell’allinearsi dei singoli e dei colleghi davanti a chi veniva colpito dalle leggi razziali: «Nell’ambito del giornalismo si richiedeva da subito non semplicemente un silenzioso conformismo, un allineamento silenzioso, ma un attivismo a servizio del regime e questo ha potuto far parlare di un atteggiamento di opportunismo e servilismo».
Lo storico Sarfatti ha citato alcuni estratti di Carlo Levi da “La Nazione del popolo” elogiando il lavoro di Serventi Longhi come «il primo vero studio scientifico sull’espulsione dei giornalisti di razza ebraica». «Un libro difficile a causa della carenza e distruzione delle fonti » ha spiegato il professore Ungari che ha rimarcato come il giornalismo fosse diventato una cassa di risonanza della campagna di antisemitismo, il giornalismo, che secondo il professore, «è vittima e carnefice».
Il professor Serventi Longhi che ha curato l’opera è intervenuto per ultimo, spiegando che l’intero progetto è nato dalle carte dell’Archivio Murialdi da cui sono emerse le vicende dei giornalisti ebrei espulsi dall’albo. Una ricerca nuova che mette in luce aspetti ancora poco conosciuti della storia del fascismo e delle vicende di uomini e donne del XX secolo; un tema vasto sul quale vi sono ancora numerose prospettive di ricerca.