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    Le nostre amiche oche e la poesia di Agi Mishol

    Molto spesso la poesia contemporanea viene vista con diffidenza, come se in questo mondo così convulso non ci sia più tempo di soffermarsi sui versi e sui sentimenti che li accompagnano. A volte viene poi degradata a frasi romantiche: stucchevoli stralci che si leggono nelle carte dei cioccolatini. In realtà, la poesia contemporanea continua incessantemente il suo cammino perché le emozioni fanno parte della storia dell’umanità e magari si adegua ai tempi con risvolti alle volte ironici. Questo è il caso di “Oche” di Agi Mishol (pubblicata da Giuntina nell’antologia “Ricami su ferro”), tra le più importanti e popolari poetesse israeliane, che vogliamo celebrare oggi per la Giornata internazionale della Poesia. In questo piccolo specchio di mondo c’è tutto: dall’incomprensione per una materia e di un professore per la sua allieva, all’apprezzamento della natura e degli animali, al tema della diversità.

     

    Tutto inizia quando Agi bambina viene chiamata alla lavagna dal professore di matematica che nell’immaginario infantile rappresenta da sempre la materia più difficile da apprendere. Il professore si potrebbe definire di quelli vecchio stampo, non bada a sentimentalismi, c’è un problema e l’allieva lo deve risolvere. Ma Agi, che evidentemente non ha un’intelligenza per i numeri, non riesce a venire a capo di equazioni o quesiti di trigonometria. L’insegnate, però, è piccato, ama la sua materia e non vede al di là dei numeri. Così la offende, le dice che un uccello con un’intelligenza come la sua sarebbe volato all’indietro e la manda a pascolare con le oche. Oggi probabilmente sarebbe convocato dal preside con l’accusa di aver mobbizzato la piccola, ma erano altri tempi. Agi si sente probabilmente ferita e chissà se forse è stata questa sofferenza ad averle aperto le porte della poesia.

     

    Non mancano una serie di considerazioni sulla natura sessista dell’insegnante che associa una ragazzina alle oche, già tanto che non l’abbia etichettata come oca giuliva. Ma Agi non si scoraggia, anzi adesso a distanza di anni confessa che invece ama guardare le sue tre oche avventarsi sul pane sbriciolato, agitare la coda felice, drizzare il capo. Insomma, le oche, animali tutelati in Israele dove è vietato il foie gras, diventano il simbolo della gioia di vivere, di un’esistenza all’aperto da gustare senza troppe remore e senza troppi problemi, matematici o meno. Agi adulta ci informa che il professore è morto da un pezzo, morti anche i suoi problemi che lei non è mai riuscita a risolvere, ma chissà cosa avrebbe detto se avesse saputo che poi è diventata poetessa famosa, davanti all’enigma di quella bambina che aveva già bocciato ancor prima di comprenderla. Ed ecco che a sorpresa arriva il colpo di coda perché ancora oggi Agi ci confessa che quando gli uccelli fanno ritorno tra le fronde cerca quello che vola all’indietro. Ed è un messaggio semplice ma anche lieve: non bisogna mai fermarsi all’apparenza e magari l’uccello che vola all’indietro è quello che indica un’altra via, più interiore, magari, ma ugualmente degna di nota. E ci immaginiamo Agi davanti alle sue oche dove abita a Kfar Mordechai, un luogo dagli ampi paesaggi immerso nel verde e vorremmo essere lì con lei e forse vorremmo volare una volta sola all’indietro.

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