di Giorgia Liora Calò – Storica e critica d’arte
Il 25 aprile, anniversario della liberazione d’Italia dall’occupazione nazista e dal regime fascista, è una ricorrenza partecipata da tutti coloro che credono nei valori dell’antifascismo.
C’è una storia di qualche settimana fa che potrebbe essere presa come simbolo della ricorrenza di quest’anno, per varie ragione. È una storia di resilienza che ruota intorno ad alcuni personaggi, antifascisti convinti, e ha luogo alla Pinacoteca di Brera. Il museo di Milano ha recentemente ricevuto un’importante donazione costituita da 22 dipinti realizzati tra il 1939 e il 1944 dal celebre artista della scuola romana Mario Mafai. Il ciclo di opere, intitolato Fantasie, ritrae in maniera cruda e violenta gli orrori del nazifascismo. Sono rappresentazioni complesse che ci restituiscono con tratti rapidi e colori acidi alcune delle scene più cruenti del Novecento. Sono dei veri e propri j’accuse, pensati dall’artista mentre era a Genova, in fuga da Roma con la moglie Antonietta Raphaël e le figlie perché ebree, all’indomani delle leggi razziali.
Il fatto che i dipinti rappresentino concretamente una denuncia nei confronti di quegli uomini che hanno incarnato il male su altri uomini, ha spinto il filantropo Aldo Bassetti ad acquistarli per poi donarli al museo della città, diventando così patrimonio della collettività. Bassetti ha legato questo ciclo di opere alla memoria di un evento atroce che lo coinvolse personalmente, la strage di Meina sul Lago Maggiore, avvenuta nel settembre del 1943, dove 16 ebrei ospiti dell’Albergo Meina vennero prima identificati e trattenuti e poi uccisi e gettati con delle zavorre nel lago. Tra le vittime vi era anche la zia trentottenne, Lotte Froehlich Mazzucchelli, che Bassetti allora quattordicenne fu chiamato a identificarne il cadavere. Per questo la donazione assume un valore e un significato oltre che culturale anche politico, perché come ha dichiarato lo stesso Bassetti “qui c’è il mio pensiero…un pensiero antifascista. Io desidero che si conosca quanto accaduto nella storia, affinché sia ricordato per sempre”. E ricorda anche che i dipinti vennero acquistati negli anni Cinquanta da Giovanni Pirelli, anche lui antifascista convinto pur provenendo da una nota famiglia fascista. Insomma, da settanta anni le straordinarie tavole di Mario Mafai sono il simbolo della volontà di perpetuare la memoria, di non dimenticare gli orrori di ciò che è stato, ma soprattutto sono il simbolo di quegli uomini che con grande senso civico hanno lasciato un’importate eredità alle generazioni future, affinché il ricordo non cada nell’oblio, così come venne presto dimenticata la sentenza del processo di Osnabrück del 5 luglio 1968. Sebbene furono condannati all’ergastolo gli artefici del massacro di Meina, la Corte Suprema di Berlino, due anni dopo, in seguito al ricorso degli imputati, li prosciolse e ne ordinò la scarcerazione, dichiarando i reati prescritti. A cinquanta anni da quel vergognoso ricorso la donazione Bassetti assume dunque un significato ulteriore.
La Pinacoteca di Brera, per ovviare ai problemi relativi il contingentamento e la chiusura dei musei a causa del Covid, ha realizzato anche un documentario fruibile sulla piattaforma Brera Plus+ “Il sogno di Brera e le fantasie di Mafai” affinché questa terribile storia possa arrivare agli occhi e alle orecchie di tutti noi. È un progetto importante, non solo culturalmente ma anche per la storia della Pinacoteca stessa che ricordiamo venne diretta da Ettore Modigliani dal 1908 al 1934, poi allontanato e infine espulso dall’amministrazione dello Stato a causa delle leggi razziali, e che sarà reintegrato nel suo ruolo di direttore solo nel 1946, occupandosi della ricostruzione di Brera, completamente distrutta dai bombardamenti. Il documentario parla anche di lui, della sua carriera di funzionario statale al servizio del patrimonio artistico lombardo e italiano e delle vessazioni che fu costretto a subire sotto il regime nazifascista.
Per concludere, il lavoro di Modigliani, così come le opere di Mafai e la donazione di Bassetti, oggi diventano metafora della ricostruzione di un mondo possibile, proiettandoci in questo anno di pandemia verso un futuro da riorganizzare, senza mai dimenticare le memorie del passato, come ci suggerisce la ricorrenza del 25 aprile che andremo a celebrare.