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    Jewish lives matter: Fiamma Nirenstein denuncia in un libro l’antisemitismo dei “diritti”

    Sono passati più di trent’anni dal Razzista democratico, in cui testimoniava per prima dello sdoganamento dell’antisemitismo nei ceti benpensanti e quasi venti da L’Abbandono, in cui spiegava “come l’Occidente ha tradito gli ebrei”. Nel frattempo ha fatto il deputato al Parlamento italiano e il vicepresidente della sua commissione esteri, promuovendo una grande inchiesta parlamentare sull’antisemitismo, ha continuato il suo lavoro giornalistico, è entrata a far parte del prestigioso istituto di ricerca israeliano Jerusalem Center for Public Affairs (JCPA), ha pubblicato molti libri ed è immigrata in Israele e vive a Gerusalemme. Ora Fiamma Nirenstein continua la sua battaglia per spiegare alla società civile italiana ed europea l’errore dell’antisemitismo, anche nella forma dell’odio per Israele, con un nuovo pamphlet appena pubblicato dalla Casa Editrice Giuntina, che fin dal titolo è una sassata contro l’ipocrisia del conformismo antisionista “perbene”: Jewish lives matter, “la vita degli ebrei conta”, che fa il verso allo slogan diffuso nelle manifestazioni americane l’anno scorso, “black lives matter”. Fiamma Nirenstein naturalmente è sempre stata antirazzista e condanna a chiare lettere la discriminazione contro gli afroamericani e le violenze che essi hanno subito spesso.

     

    Fra comunità ebraiche americane e movimento di emancipazione nero vi è stata un’alleanza importante, ai tempi in cui Martin Luther King era un fervido sostenitore di Israele e del suo diritto all’autodifesa e in cui i leader dell’ebraismo americano, come per esempio Abraham Joshua Heschel, marciavano a suo fianco nelle manifestazioni contro la segregazione. La collocazione della comunità ebraica nel fronte progressista e il sostegno al Partito Democratico sembravano il segno di un’alleanza inscalfibile. Ma non è più così da tempo e ormai la rottura è ormai evidente. Come il libro spiega benissimo, la sinistra americana sostiene ormai una teoria dell’”intersezionalità”, in cui tutti i gruppi oppressi (i neri, le donne, gli omosessuali) devono essere uniti contro i loro nemici. E dato che fra le cause “buone” vi è anche quella dei palestinesi, che sarebbero vittime dell’”occupazione” israeliana, ecco che Israele e anche gli ebrei che non si dissociano dal loro stato entrano nella lista dei reprobi. E non è solo una questione di manifestazioni più o meno violente o folkloristiche: queste posizioni hanno un’importanza crescente al Congresso americano e cercano di annullare la storica alleanza fra Usa e Israele. Insomma, le vite ebraiche per questi ambienti contano meno delle altre, tant’è vero che vi è stato anche un tentativo di togliere i fondi necessari al rifornimento di proiettili antimissile del sistema Iron Dome, la principale difesa dei civili israeliani contro il terrorismo missilistico di Hamas.

     

    Di questo libro importante Shalom ha parlato con l’autrice. “E’ un libro che ho scritto con urgenza, in fretta, sotto un senso di necessità, durante l’ultima operazione di Gaza. Era chiarissimo, evidente, che Israele era oggetto di un’aggressione selvaggia, con pretesti inconsistenti. All’inizio tutti lo riconoscevano, ma subito è prevalso uno schieramento non solo contro Israele, ma contro il popolo ebraico, che in sostanza diceva che gli ebrei non hanno diritto di difendersi. Non si tratta solo di odio per lo stato di Israele, ma di una discriminazione che colpisce tutti gli ebrei, anche quei tantissimi fra loro che sono solidali con le rivendicazioni dei neri e delle donne. Una volta l’antisemitismo prendeva a pretesto questioni religiose e razziali. Oggi la religione in nome della quale si combattono gli ebrei è quella dei diritti umani. Questo è paradossale, assurdo, perché Israele è uno stato democratico, che difende la libertà e la giustizia e gli ebrei sono sempre stati vittime di discriminazioni, persecuzioni, genocidi. Oggi non solo Israele viene dipinto come oppressore: sono tutti gli ebrei a essere presentati come ‘suprematisti bianchi’, per definizione portatori di apartheid e di razzismo. È un’operazione che fu iniziata dalla propaganda antioccidentale dell’Unione Sovietica, ma che poi è proseguita senza sosta nelle organizzazioni internazionali come l’Onu e l’Unesco e oggi ha raggiunto un livello di massa. Essere contro Israele e contro gli ebrei appare necessario ai militanti ‘intersezionali’ per lottare contro l’oppressione delle donne, contro il razzismo, contro l’omofobia: l’odio antisemita è diventato un obbligo, come lo era nella Germania di Hitler. Perciò è necessario e urgente alzare la voce e dire che questa propaganda è intollerabile e danneggia non solo il popolo ebraico ma tutti. È un danno mostruoso per tutto il mondo, contro cui bisogna lottare. Non si tratta solo di difendere gli ebrei. La storia mostra che quando l’antisemitismo prevale, allora la società che lo tollera e magari ne fa un fine si rovina e decade.”

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