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    Il silenzio che urla (Giuntina) di Gadiel Tachè

    9 ottobre 1982, le 11:55 del mattino: un orario che prende quasi forma e segna il momento dell’attentato alla sinagoga di Roma. Il piccolo Stefano Gaj Taché, di soli due anni, perde la vita, mentre altre 40 persone rimangono gravemente ferite. Un giorno che segna in maniera indelebile la Comunità Ebraica di Roma. Domande che bruciano e si fanno via via più concrete in cerca di risposte che mancano, e che vorticano da più di quarant’anni. Accade che i ricordi spesso sembrano lame, che si inseriscono come schegge all’interno del corpo e non vanno via. Le stesse schegge che penetrano il corpo di Gadiel Tachè il giorno dell’attentato alla Sinagoga di Roma. Come si fa a dare forma al dolore? Come si può spiegare affinché tutti conoscano le dinamiche di quella giornata nera? Gadiel negli anni l’ha fatto parlando, raccontando e raccontandosi nonostante le ferite fisiche e psicologiche. Così, per la prima volta, 40 anni dopo,Gadiel Gaj Tachè trasforma quel dolore in parole ne “Il silenzio che urla” (Giuntina). Un libro, un grido muto e disperato nella quale l’autore racconta l’orrore che vissero la sua famiglia e l’intera Comunità in quegli anni. Questo libro non è soltanto un racconto in presa diretta, ma anche una lucida riflessione sull’atmosfera sociopolitica di quegli anni, il contesto in cui maturò quel nefando gesto. Un tono crudo, reale e diretto accompagna la narrazione, senza rinunciare alla condivisione personale di cosa l’attentato abbia segnato per Gadi: ingiustizia, impotenza, voglia di riscatto ma anche tanto coraggio. “Il silenzio che urla” è un dialogo con il mondo circostante e con le future generazioni per provare a far luce su una pagina storica che anche dopo 40 anni sembra ancora essere poco chiara.

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